1.      Il vento ed il mare

 

1.1.   Tipi di vento e loro generazione (cenni di meteorologia)

 

Nel momento in cui vostra moglie mette sul fuoco la pentola con dentro l’acqua per cuocere la pasta, voi presentatevi in cucina, lei sarà gratificata dalla vostra inaspettata presenza e penserà sicuramente ad un vostro particolare appetito ma voi non le fate caso ed osservate la cucina. L’acqua subendo un aumento di temperatura tenderà a divenire vapore e salirà verso l’alto; l’aria calda tende a salire, poi , una volta raffreddata scenderà verso il basso. Il vento è quindi creato dalla differenza di temperatura e di pressione fra due masse d'aria; l’aria fredda sarà spostata da questo meccanismo sulla superficie terrestre, parallelamente all’orizzonte, in direzione della massa più calda che salendo in quota la aspirerà. L’aria fredda perciò, viene aspirata dall’aria calda che tende a salire, richiedendo così nuova aria dal basso. La brezza infatti, è una particolare forma di vento che si verifica nelle vicinanze della costa. Inizialmente il suolo scalda più velocemente del mare e si viene a creare una differenza di pressione fra la due masse. Nel pomeriggio avremo una brezza di mare in quanto il suolo è più caldo del mare e l'aria tenderà a dirigervisi. A sera e durante la notte osserveremo il fenomeno inverso: la brezza di terra, in quanto il suolo e quindi l’aria soprastante raffredda prima del mare che rilascia il suo calore più lentamente. La brezza si crea mediamente per 500-1000 metri, con tempo bello e stabile.

 

             

 

In caso di venti più forti, presenti in zona, l'influsso della brezza diventa praticamente nullo. Per note leggi fisiche la rotazione dei sistemi depressionari nel nostro emisfero avviene in da ovest verso est, inoltre dobbiamo sapere che attorno ad una bassa pressione i venti ruoteranno in senso antiorario mentre circoleranno in una alta in senso orario e comunque sempre dall'esterno verso l'interno del centro di pressione, uscendo quindi dalla alta pressione ed entrando nella bassa pressione. Arrivando una nuova perturbazione (solitamente da ovest) dovremo pensare che il primo centro di pressione che ci sorvolerà sarà la bassa pressione e quindi il fronte caldo. I venti si disporranno prima da sud-est, poi tenderanno a ruotare in senso orario divenendo da sud, poi sud-ovest, ovest ed infine nord-ovest. Avvertiremo prima un aumento della temperatura, poi alla fine della rotazione una diminuzione della stessa con venti provenienti da nord, nord-est: il fronte freddo è passato.

Un buon sistema per capire che cosa ci riserva il tempo risulta da sempre il saper leggere le nuvole per forma, velocità e colore. Le nubi si creano da un forte sbalzo di temperatura, come i temporali, per la condensazione delle particelle di umidità. Le Nubi cumuliformi in generale, più si innalzano in quota più sono pericolose. I cirri mediamente annunciano tempo cattivo. Le nubi stratificate o verticali sono un altro segnale di cattivo tempo. La tendenza barometrica indica, durante la giornata e prendendo più misurazioni, il probabile cambiamento delle condizioni meteo. Ad esempio pressione in diminuzione, aumento della temperatura ed dell’umidità indicano peggioramento, l’arrivo di una bassa pressione e del fronte caldo e umido.

 

1.2.   Legge di Buys-Ballot

In  mare è possibile individuare la posizione dei centri di pressione. Se l'osservatore, nel nostro emisfero, volge la faccia contro il vento, aprendo le braccia  a circa 120°, avrà la Bassa pressione alla sua dritta e un poco indietro, l'alta alla sua sinistra e un poco avanti. Deciderà quindi che rotta seguire ed a seconda dei casi fuggire dal vento od essere aiutato dalla sua traiettoria.

 

 

 

1.3.   La lettura di un bollettino meteo.

Durante la navigazione saremo sempre informati sullo stato del mare e del vento grazie al servizio offerto dal meteomar, trasmesso sul sistema radio marittimo vhf a cura dei sistemi informativi militari e delle Capitaneria di Porto.

Il sistema definisce le previsioni meteo ed avverte sui pericoli di burrasche e temporali suddividendo il bacino mediterraneo in più settori, aumentandone così la precisione di stima ed il livello di comprensione generale. La trasmissione avviene su vari canali indirizzati da avvertenza segnalata sul canale di soccorso 16. Il bollettino viene letto una volta in italiano ed una volta in inglese. Inizia con la definizione dello stato generale del vento e del mare e le indicazioni primarie delle burrasche e temporali in corso. Poi, passando nel dettaglio, vengono considerati i vari comprensori marini. Il tutto, se trascritto su una apposita tabella, può essere utile nella visualizzazione della situazione generale sulla carta nautica, rendendo così una lettura più immediata della situazione.

 

1.4.   La lettura di una carta meteo

Nella terminologia grafica l’indice dell’alta pressione viene indicato con la lettera A nelle cartine italiane, ed H [High] in quelle internazionali, mentre l’indice della bassa pressione con B nelle cartine italiane, ed L [Low] in quelle internazionali. Quando leggiamo su di una cartina meteo isobare molto ravvicinate, possiamo desumerne che, visto il picco dovuto al repentino cambio di pressione si generi in quel punto molto vento. Il valore di pressione di una isobara è normalmente riportato in un numero allineato alla stessa. In alcuni casi viene trascritto un solo valore per serie distinta di isobare, l’equidistanza delle stesse ci permette di individuare i valori mancanti per interpolazione lineare.  La differenza di pressione tra le isobare si chiama gradiente barico. Le linee che indicano l’assetto del fronte freddo e del fronte caldo sono distinte rispettivamente da simboli triangolari e da mezzi cerchi.

Ora sappiamo che l’aria calda tende a salire e ad aspirare dal basso l’aria più fredda ecco perché il fronte freddo si muove più velocemente e sempre nella direzione della bassa pressione. Una volta che il sistema ha scaricato il suo potenziale, ovvero i due fronti risultano uniti, si forma il fronte occluso. E’ quindi possibile calcolare la velocità delle masse di aria in spostamento nonché la direzione del vento sapendo che l’angolo di incidenza rispetto all’isobara sarà di circa 30°.

 

1.5.   Individuare la direzione del vento e l’evoluzione del fenomeno

Mentre le brezze termiche sono strettamente legate a fenomeni termici locali e quindi basate principalmente su eventi ripetitivi e consuetudini, le previsioni sinottiche sono invece di insieme e riportate su apposite tavole (cartine meteo), redatte in funzione di prevedibili movimenti fisici delle masse di aria studiate. Entrambi i fenomeni possono anche sommarsi e subire inoltre alterazioni di direzione ed intensità in vicinanza di coste o ostacoli di vario genere.

Abbiamo a disposizione alcuni strumenti che affiancati ad un servizio informativo risultano utilissimi per la verifica delle condizioni meteo marine e per la loro localizzazione. La pressione atmosferica si misura in millibar o ecto pascal (1013 mmb = 1 hPa) e viene misurata con il barometro. L’umidità viene misurata in percentuale relativa con l’igrometro, per esempio, nel caso del 100% di umidità avremo nebbia. Infine la temperatura si misura in gradi centigradi con il termometro. Durante il passaggio di una bassa pressione inizialmente la temperatura aumenterà e salirà l’umidità relativa, poi noteremo un abbassamento della pressione fino ad una successiva inversione di questi fenomeni. Il passaggio del fronte freddo apporterà aria fresca e secca quindi aumenterà la pressione. Con attente e ripetute verifiche agli strumenti riusciamo così ad individuare velocità e posizione dei centri di pressione, di conseguenza la direzione del vento e lo stato del mare.

p.s. aspettate a comprare tutto l’armamentario del piccolo meteorologo: primo perché vostra moglie potrebbe non capire e secondo perché nelle barche troverete sicuramente tutto il necessario per dare sfogo alla vostra sete di conoscenza.

 

1.6.   Il fetch e le onde

Pensiamo adesso all’azione del vento sul mare. Il fetch è in pratica lo spazio di mare che il vento ha a disposizione per poter muovere le onde con la propria azione. Se il fetch è molto lungo il vento agendo sulla superficie del mare riesce a creare le onde; l’intensità del vento ed il maggiore o minore fetch producono onde più o meno grandi. Sottocosta con il vento di terra avremo onde quasi inesistenti, mentre allontanandoci in mare le onde saranno sempre più grandi.

Le onde fanno parte di un fenomeno hertziano. Sono cicliche e quindi hanno una frequenza di evento. Possono essere interrotte solamente da ostacoli ed anche il fondo marino, giocando con la forza di gravità, può modificarne la forma e la grandezza. Vediamo nel dettaglio: l’onda ha una sua direzione, una velocità ed una altezza dovuti alla intensità del vento, nel caso che il fondo marino sia completamente piatto scarica il proprio potenziale alla diminuzione del vento, affievolendosi piano, piano, pur mantenendo inalterata la propria direzione. Il fondale marino non è però piatto e, per esempio, vicino alla costa si alza ed in alcuni casi esce fino a formare spiagge. La massa di acqua spostata, dopo aver percorso il suo fetch si trova compressa dal fondale che la comprime dandole una spinta dal basso ed obbligandola ad emergere vincendo la forza di gravità. Il fondale marino è quindi causa principale di creazione di frangenti più grandi rispetto a quello normalmente generati dalla sola intensità del vento. Più il fondale sale rapidamente, più le onde trovano la possibilità di alzarsi in verticale fuori dal livello medio del mare.

Generalmente il vento segue la costa, ovvero in presenza di un ostacolo modifica la propria direzione per effetto di resistenze ed attriti generati da montagne, colline ed anche da termiche (aria calda ascensionale) generate dal suolo interno. Conseguentemente navigando in prossimità della costa assisteremo a fenomeni di cambi di direzione improvvisi. Allontanandoci dalla costa il vento diventa sempre più costante. Infine esiste l’accelerazione del vento ottenuta dall’effetto venturi generato da canali di mare formati da isole o stretti particolari; prova ne siano gli effetti meteo offerti delle Bocche di Bonifacio, lo stretto di Gibilterra o puramente la valle del Rodano dove il vento scendendo lungo il canale naturale del grande fiume dai Pirenei crea nel golfo del Leone un tipo di vento detto Mistral

 

1.7.   La rosa dei venti direzioni e cenni storici

Maestrale, scirocco, libeccio…., ma perché i venti hanno questi nomi ? Chi li ha chiamati così? Niente di più semplice pensare che i nomi dei venti vengono per lo più impartiti dagli indigeni ai venti della loro zona. Nell’alto Garda, ad esempio, esistono venti che scendono sul lago dalle montagne circostanti che assumono nomi del tipo Ponale, Ora o Peleer. Ora pensate al territorio che avevano occupato gli antichi romani; sentendosi a casa loro nell’intero mediterraneo decisero di valutarne il centro sull’isola di Malta ed attribuire quindi ai venti i nomi delle direzioni di provenienza. Libeccio perché proveniva dalla Libia, Scirocco – Siria, Grecale – Grecia, Maestrale perché passava da Roma. Nella pratica dovendo comunicare un rilevamento la direzione del vento assume i gradi della bussola, si individua perciò una direzione polare. 

 

1.8.   La marea

Oltre che per effetto dell'attrazione luni-solare le masse di acqua si spostano anche per effetto delle temperature, come nel caso dell’aria ed anche per effetto della salinità dell’acqua.

Il mare occupa i ¾ della superficie del globo terrestre e sotto la terra esiste ancora molta acqua. Il pianeta terra ha in effetti più cavita e fosse abissali con non montagne. Se andassimo a livellare l’intera superficie terrestre otterremmo un unico oceano profondo mediamente 2000 mt. L’acqua risulta molto più salata nelle zone soggette a forte evaporazione, dove le piogge risultano quasi inesistenti, come ai tropici. Vicino all’equatore, dove le piogge sono abbondanti, alla foce dei grandi fiumi e nelle zone molto fredde come ai poli dove l’apporto di acqua dolce è rilevante e l’evaporazione quasi nulla; la salinità risulta minima. Ai poli l’acqua l’acqua in superficie risulta più fredda che all’equatore. Temperatura e salinità determinano la densità dell’acqua. A causa di tutte queste differenze si constata differenti masse di acqua che hanno difficoltà a mescolarsi tra loro. Il continuo movimento del mare determina il livello variabile a cui sono soggette le coste. Alcune zone atlantiche, a causa delle pendenze limitatissime dei loro fondali, sono soggette al ritiro dell’acqua per chilometri, altre con coste a picco mostrano differenze di livello dai 3 ai 5 metri di altezza.

 

1.9.   La corrente

Questo movimento continuo genera le correnti che si trovano nel mare. Dobbiamo però precisarne la tipologia generale. Esistono correnti di densità, dovute alle differenze di temperatura e salinità delle masse di acqua; correnti di deriva, legate ai venti; correnti di pendio che sono spesso legate alle precedenti. Una corrente è la combinazione di differenti forze; densità e vento possono lavorare insieme e comunque una corrente è sempre legata ad un dislivello, il mare è tutt’altro che piatto. La corrente non necessariamente è avversa, può giocare anche a favore della nostra navigazione. Nel caso la corrente sia contraria alla direzione del vento avremmo onde più ripide e pericolose.


 

2.      La barca

 

2.1.   Cenni storici


L’uomo ha sempre navigato a vela fin da molti millenni prima di Cristo. Certamente la conoscenza, la sperimentazione e la tecnologia hanno giocato moltissimo sull’evoluzione della vela in generale ed in quella da diporto in particolare. Sfruttando i principi aeronautici, i profili N.A.C.A. delle ali e studiando la dinamica dei fluidi oggi troviamo materiali sempre più perfezionati ed efficienti. Uno straccio issato su di un albero di fortuna ancorato ad una serie di assi può avere una sua efficienza. Le esigenze dell’uomo lo hanno portato a scoprire la forza del vento ed a come poter sfruttare questa risorsa. La vela aurica è sicuramente la prova della ricerca di efficienza, sicuramente un passo in più rispetto alla zattera semplice accennata prima che unita all’uso del timone ed a costruzioni di scafi più filanti ha dato la vita alla vela moderna. Gli antichi galeoni non conoscevano le andature montanti, sfruttavano i venti favorevoli, ed organizzavano i viaggi in modo molto diverso dai velieri del secolo scorso. Oggi è per noi normale bordeggiare per risalire il vento. Le nostre vele sono molto efficienti sotto il profilo aerodinamico.

 


2.2.   Tipologie di imbarcazioni

Sono navi quelle con lunghezza (fuori tutto) maggiori di 24m. Le navi vengono dette maggiori quando superano i 50 metri; mentre sotto i 50 sono navi da diporto. I natanti sono imbarcazioni a motore con lunghezza inferiore a 7,5 mt., mentre per le imbarcazioni a Vela quelle inferiori ai 10 mt.; sempre che entrambe le tipologie non siano servite da motori di potenza superiore ai 40,8 CV..

Parlando di vela precisiamo che alcune imbarcazioni con rapporti inferiori di velatura rispetto alla loro dimensione e peso si dicono motovelieri o motor-sailer.

Le imbarcazioni a vela si possono comunque distinguere dal numero di alberi e dal tipo di armo. Lo sloop ha un solo albero e può essere armato in testa, ovvero lo strallo di prua ha l’attacco sull’apice dell’albero, oppure frazionato quindi con lo strallo di prua a ¾ (rispetto all’estensione dell’albero) o più alto a seconda del progetto. Uno sloop con uno stralletto dove poter issare una trinchetta (vela intermedia tra genoa e randa) può essere considerato un cutter potendo navigare con due fiocchi aperti contemporaneamente. Le imbarcazioni a due alberi hanno ovviamente due rande; negli yawl e nei ketch l’albero di poppa e la randa si chiamano mezzana mentre l’abero e la randa a prua si chiama maestra. Le due tipologie si differenziano per la posizione del timone che se a poppavia della mezzana definisce l’imbarcazione un ketch, se a prua yawl. In queste due ultime tipologie l’armo di mezzana è più basso di quello di maestra. Nel caso i due alberi fossero uguali definiremo l’imbarcazione una goletta.

 

2.3.   L’albero, il sartiame

Le vele, il motore della barca, sono utilizzate e regolate per mezzo dell’armo velico di cui fanno parte. Le Attrezzature che compongono l’ossatura dell’armo velico sono albero e boma, il tutto mantenuto da manovre fisse o dormienti. Nelle barche da crociera medie l'albero pesa alcune centinaia di chili. E' mantenuto nel senso longitudinale e trasversale da cavi di acciaio denominati stralli e sartie. Nelle derive da regata o in barche di altra tipologia, comunque di piccole dimensioni, questi tiranti possono anche essere in tessile. Analizziamo nel dettaglio l’armo velico: nel senso trasversale (larghezza dell’imbarcazione) avremo le crocette, ovvero assi rigide fissate perpendicolarmente all’albero ad altezze che variano nel numero di ordini e da barca a barca, a seconda del progetto. Esse aumentano l'angolo d'incidenza delle sartie collegate all’albero; queste ai lati, assicurano la stabilità trasversale dell’albero e scaricano la forza velica sul piano di coperta della barca. Esistono vari tipi di sartie a seconda che partano dalla testa dell’albero o da un ordine di crocette. Una sartia chiamata alta, ad esempio, parte dal piano di coperta ed arriva fino in testa d'albero ed una sartia bassa arriva fino all’ordine di crocette inferiore. Sul piano di coperta il sartiame viene collegato ad apposite piastre di acciaio contro-piastrate dall'interno (lande) per mezzo di bulloni. Le lande sono sempre collegate ad un punto strutturale molto solido e facile da controllare. Generalmente quando si verificano degli sforzi eccessivi generati dal piano velico prima di tutto si rompono gli attacchi in acciaio delle sartie ma non le lande. Il sartiame deve essere anche regolato, verificando le apposite tensioni con opportuni strumenti detti tensiometri, ecco perché alla base in coperta troviamo dei terminali estensibili per mezzo di vite, detti arridatoi, che collegano il cavo di acciaio al golfare della landa. Le manovre vanno tese a seconda del tipo di barca e di albero. La regolazione avviene in due fasi: in porto è necessario sistemare l’albero perfettamente verticale rispetto al piano di coperta, poi durante le prove di navigazione occorre intervenire sulle sartie che lavorano sopravento aumentando o diminuendo la tensione fino a quando il nostro albero non risulterà della forma prevista. Esistono anche sartie volanti, divise in strutturali e di regolazione, che in alcuni casi non hanno estremità fissa. Sulle barche da regata le volanti regolano nella maggior parte dei casi la forma dell’albero mentre su quelle da crociera che fanno uso della trinchetta contrastano le tensioni indotte dallo stralletto, un ulteriore strallo che ritiene una parte frazionata dell’albero. Dove le volanti sono strutturali si metterà ogni volta in tensione la sartia sopravento, invertendola ad ogni cambio di bordo, pena il disalberamento.

Le manovre longitudinali sono lo strallo di prua vincolato come le sartie con l’arridatoio e lo strallo di poppa. Sulle imbarcazioni provviste la tensione dello strallo di poppa e quindi l’arretramento dell’albero, viene regolata con il paterazzo. Tale manovra può avere diverse forme e tipologie meccaniche: solitamente un piccolo volante in acciaio, oppure con due alette che comunque agiscono su di un pernio a vite, o ancora di un sistema con chiave incastonata (solitamente utilizzabile con la manovella dei winchess) od ancora realizzato con un pistone idraulico o più semplicemente con un paranco in tessile formato da due bozzelli ed uno strozzatore. Durante la navigazione possiamo cazzare o lascare il paterazzo per avere un piano velico più efficiente, quando si arriva in porto è necessario lascarlo al fine di evitare inutili stress all’intero armo velico

Le manovre correnti su una barca sono molto numerose. Sono quelle che ci consentono di issare le vele, ammainarle e regolarle. Le più importanti sono le drizze (per issare ed ammainare) e le scotte (per regolare). Queste sono perlopiù realizzate in tessile, oppure miste in tessile ed acciaio. Le scotte servono per manovrare le vele, modificare la loro forma e spostarle rispetto all'asse longitudinale dello scafo, o rispetto all’ipotetica linea di mezzeria 

 

2.4.   La velatura

Le imbarcazioni a vela moderne utilizzano vele di forma mediamente triangolare. I tre lati assumono nei vari casi i nomi di base, inferitura e balumina. L’inferitura è il primo lato che la vela offre al vento, per ultimo la balumina. L'angolo formato dall’inferitura e la base è detto "punto di mura", quello opposto lungo la base "angolo di bugna o scotta" ed infine l'angolo superiore di drizza o di penna. Le strisce di tessuto cucite assieme che formano la vela si chiamano ferzi. La loro forma geometrica, una volta cuciti assieme, produce vele adatte a diverse condizioni ed uso. Il velaio segue progettazioni complesse che tengono in considerazione principi aerodinamici, di resistenza e di leggerezza finalizzati al tipo di vela ed al tipo di barca.

Parliamo ora delle vele principali di un'imbarcazione. In particolare delle vele di una barca con un solo albero, armo a sloop, armato in testa d'albero. La vela vincolata all'albero si chiama randa. Lungo l’inferitura, il lato che corre lungo l’albero, è cucita una particolare fettuccia detta gratile che permette di vincolare la vela all’albero tramite una canaletta fissata su tutta l’altezza; il gratile scorre dentro la canaletta nel momento in cui si issa o si ammaina la randa. Altri sistemi, usati su grandi imbarcazioni ed al fine di aumentare la scorrevolezza, utilizzano carrelli fissati alla vela che scorrono su di un binario lungo l’albero a rimpiazzare gratile e canaletta. L’angolo di scotta è fissata alla parte terminale del boma (varea) tramite una scotta che si chiama tendi base o borosa. Cazzando o lascando quest’ultima si esercita tensione sul lato della vela chiamato base. Lungo la balumina (o caduta poppiera) esiste una piccola tasca dentro cui scorre il meolo, una piccola scottina che serve a tensionare questo lato ulteriormente. Esistono rande steccate, semi-steccate o rollabili, quindi senza stecche. Le rande steccate presentano tasche cucite sui ferzi dentro cui vengono inserite stecche opportunamente rigide che possono arrivare fino all’inferitura nei sistemi full-batten. La stecca offre il vantaggio di mantenere il profilo efficace in caso di vento forte e permette di aumentare l’allunamento superiore della randa. Da notare che esistono anche vele di prua steccate come alcuni tipi di fiocchi. La randa deve poter essere ridotta in caso di vento forte. Per permettere questo, lungo l’inferitura e contrapposta a questa lungo la balumina, vengono cuciti previa rinforzi ulteriori di tela, atti ad assorbire maggiori sforzi, anelli di acciaio passanti, dette bancarelle. La parte terminale del boma che lo unisce all’albero si chiama trozza, in questa zona è normalmente presente un gancio detto corno di trozza. Si riduce tela ammainando una parte della vela verso il basso, lascando la drizza, poi incocciando la brancarella del nuovo punto di mura nel corno di trozza (vicino all’albero) e tesando la brancarella opposta, vicina alla balumina, utilizzando una borosa (scotta aggiuntiva che fuoriesce dalla varea del boma), creando così un nuovo punto di scotta. Dopo aver ritensionato la drizza avremo così preso una mano di terzaroli.

La vela di prua si chiama generalmente fiocco. A seconda della grandezza ha poi nomi diversi: dal più grande genoa alla tormentina. Nelle misure intermedie troviamo il fiocco 1,2,3,4, olimpico, ecc.. Le moderne barche da crociera utilizzano un genoa rollabile, ovvero munito di un meccanismo che lo arrotola attorno allo strallo di prua, detto rolla-fiocco. In questo caso l’inferitura del genoa è issata lungo la canaletta dello strallo cavo. Il genoa viene aperto, ammainato e ridotto semplicemente facendolo arrotolare sullo strallo tramite una scotta solitamente rinviata in pozzetto. Due scotte collegano l’angolo di scotta lungo i lati della barca fino al pozzetto, passando attraverso i rinvii che corrono lungo le rotaie e che vengono posizionati avanti o indietro regolando così la tensione della balumina e della base. Tutte le barche da regata per aumentare l’efficienza alla penetrazione ed il profilo della vela, utilizzano al posto dello strallo cavo una canaletta posta sulla lunghezza dello strallo detta tuff luff nella quale vengono inferiti genoa e fiocchi.

Nelle andature portanti (lasco e poppa) vengono utilizzate a prua particolari vele di grandi dimensioni il cui scopo principale è offrire la massima superficie al vento affinché la spinta sia superiore. Non dovendo far lavorare il profilo e quindi generare spinta dalla loro forma per risalire il vento ma dovendolo assorbire, hanno forme di palloni molto grandi. Lo spinnaker viene fatto volare fuori dalla barca. Una volta issato fuori dallo strallo di prua viene regolato da due scotte rinviate in pozzetto. La scotta di regolazione sottovento è libera e regola la bugna mentre il braccio (scotta di sopravento) viene aiutata dal tangone nel mantenere aperto il profilo del lato della vela che in quel caso diviene l’inferitura dello spi. Il gennaker è infine un incrocio tra il genoa e lo spinnaker. Ha un profilo asimmetrico ma la forma è simile a quella di uno spi e viene usato senza tangone, contando sul profilo più performante che però non consente andature in fil di ruota, ovvero la poppa piena.

 

2.5.   Lo scafo, opera viva ed opera morta

La parete laterale della barca che emerge dalla linea di galleggiamento è chiamata murata o fiancata. Questo nome deriva dai tempi in cui le navi provviste di cannoni armavano con veri muri le fiancate per proteggerle dalle cannonate avversarie. Tutto quello che vediamo al di sopra della linea di galleggiamento è chiamato opera morta, cioè tutto il bordo libero, l'altezza delle murate. Tutto quello che rimane nascosto sotto la linea di galleggiamento si chiama opera viva, o carena. Non esiste una linea ben definita per quanto concerne il galleggiamento; essa varia a seconda del carico che staziona nella barca. Detta zona prende così il nome di bagnasciuga. Tutte le navi da carico mercantili riportano sulla fascia di bagnasciuga una scala graduata detta marca di bordo libero che individua il carico ammissibile presente a bordo.

 

2.6.   Le appendici immerse (deriva e timone)

La deriva è la grande pinna che pende in basso dallo scafo in posizione centrale. Tale appendice rappresenta 1/3 del peso totale dell’imbarcazione ed agli effetti della stabilità assicura dal ribaltamento lo yacht. Fabbricata in leghe metalliche o ancora meglio in piombo può avere diverse forme: dalla sola deriva di forma stretta ed allungata, magari munita di siluro terminale o di alette stabilizzatrici, fino alla unione completa con la carena divenendo chiglia lunga. Nelle barche da crociera, ed in particolare in quelle oceaniche, la chiglia lunga rende più sicurezza alla navigazione ma non permette elevate velocità. Il timone in entrambe le possibili soluzioni può essere a sua volta protetto da un ulteriore elemento strutturale detto skeg, in pratica una protezione con in più la possibilità di vincolarvi il movimento del timone stesso, infatti nelle barche da regata ed ormai in quasi tutti gli yacht, il timone è fissato alla carena da un unico pernio a cui sono applicati i rinvi meccanici della ruota o della barra di governo. I timoni possono inoltre essere di tipo compensato e non, questo a seconda della posizione dell’asse rispetto a profilo longitudinale; interni o esterni nei casi in cui l’asse è inserito nella losca da sotto lo scafo oppure applicato sullo specchio di poppa per mezzo di femminelle ed agugliotti.

 

2.7.   La costruzione (materiali e progetto)

Vetroresina, acciaio, alluminio, legno ed addirittura ferrocemento, sono tutte tecniche di fabbricazione. La più popolare è oggi la vetroresina (VTR) unita a materiali che ne aumentano la resistenza meccanica tipo carbonio e kevlar. Tecniche particolari dette vacum-sandwich hanno inoltre permesso, negli ultimi anni, di ridurre enormemente il peso dell’intera costruzione eliminando quella parte di resina in esubero in quanto non direttamente collaborante con i tessuti di vetro. La progettazione assistita dai calcolatori ha inoltre permesso di individuare le zone dove i materiali vengono sottoposti a sforzi superiori e quindi rinforzarle e dove invece è possibile alleggerire, contribuendo ulteriormente alla realizzazione di scafi meccanicamente perfetti, resistentissimi e leggeri. L’acciaio e l’alluminio sono invece utilizzati su imbarcazioni di grandi dimensioni e su yachts studiati per navigazioni oceaniche. Pro e contro dell’utilizzo di detti materiali per la realizzazione del proprio yacht risulta argomento vasto e differenti risultano le esigenze di ogni navigatore. Qualsiasi persona che si accinge a navigare in un qualsiasi modo e per qualsiasi obbiettivo esige dalla propria barca carattestiche di armo velico, dimensionali, impiantistica, attrezzature e disposizioni interne sempre diverse e personali.

 

2.8.   Nomenclatura generale

La parte considerata l'ossatura principale della barca è la chiglia. Generalmente è in legno, può essere mantenuta assieme alla vetroresina affogata al suo interno, oppure viene usata come stampo. E' ovviamente molto solida e resistente. E’ in pratica l’asse longitudinale dell’imbarcazione. Le ordinate o costole sono travi ricurve che corrono per tutte le lunghezza dello scafo. Sono incastrate nella chiglia con dei rinforzi locali che si chiamano madieri, sopra o lateralmente alla chiglia. Sopra la chiglia troviamo il paramezzale, generalmente costituito dello stesso materiale della chiglia. La contro chiglia è l'asse contrario alla chiglia, diverso del contro-paramezzale. Generalmente le imbarcazioni sono insellate, hanno cioè la prua più alta della poppa, come buona regola di sicurezza in quanto la prua non deve mai andare sotto il pelo dell'acqua. Nelle imbarcazioni in legno, per chiudere lo scafo, si utilizza il fasciame che dona la forma. E' poi necessario impermeabilizzare i comenti, cioè gli spazi vuoti tra un'asse e l'altra. Questa operazione si chiama calafataggio e solitamente si utilizzava della pece, ora sostituita da prodotti chimici. Sopra il paramezzale è sistemato il pagliolo, il "pavimento" della barca. Tra i due troviamo uno spazio vuoto denominato sentina, il luogo di raccolta di tutti i liquidi dello scafo che comunica anche con il vano motore e con l’asse dell'elica. E' importante controllare e svuotare periodicamente la sentina ed accertarsi la provenienza interna o marina del suo contenuto per evitare spiacevoli inconvenienti una volta partiti. Per esempio potrebbe trattarsi dei prigionieri (perni) della chiglia allentati in seguito ad un urto. Il ponte dello scafo è chiamato piano di coperta o anche di calpestio. Gli assi che sono usati per formarlo e quindi chiudere lo scafo sono i bagli, ed il baglio massimo corrisponde quindi alla larghezza massima dell'imbarcazione. Solitamente troviamo un asse che tocca la parte superiore del baglio partendo dal piano, denominato puntale e la cui parte superiore è chiamata anguilla. Tutti i bagli, cioè il piano di coperta hanno una forma bombata, la cui incurvatura è denominata imboccatura ed il punto massimo bolzone. Sempre per evitare l'accumulo di acqua. il bracciolo è un sostegno laterale fra le costole ed i bagli, che generalmente nelle barche in ferro è sostituito da due parti chiamate dormiente (parte bassa) e trincarino (parte alta). Infatti quando una barca è molto sbandata, specialmente di bolina, si dice che va al trincarino, che ha il trincarino in acqua. Il rinforzo superiore del trincarino è la falchetta. La parte esterna della prua è chiamata ruota di prua, serve ad attutire gli urti, essendo la parte più esposta. Specialmente procedendo controvento, l'energia propulsiva che perdiamo infrangendoci sulle onde è moltissima. Il dritto di prua è la linea di separazione fra le due murate dello scafo. Il dritto di poppa è uno speciale rinforzo nella zona poppiera, che esteriormente corrisponde allo specchio di poppa. Avremo poi la prua divisa in due zone, il mascone di dritta e di sinistra e la poppa divisa in giardinetto di dritta e di sinistra. Il Trincarino è un rinforzo, una giunzione tra costole e baglio, ed è in prossimità dell’ultimo fasciame, mentre il primo fasciame prende il nome di Torello.

Lungo tutto il bordo vi sono dei candelieri, cilindri in acciaio ben fissati allo scafo con piastra e contro piastra, nei quali scorrono le draglie (in tessile o in acciaio), utili per evitare cadute in mare. Il tutto forma la battagliola. Ai due estremi dell'imbarcazione troviamo parti in acciaio sagomato che sorreggono la battagliola, il pulpito di prua ed il pulpito di poppa.

L'interno dello Scafo è diviso in diversi locali separati da pareti chiamate paratie, ma che nelle barche da diporto non hanno sempre una funzione stagna, ad eccezione delle barche da diporto in ferro, che devono essere munite di almeno una paratia in ferro. Tutte le navi sono dotate di paratie anticollisione stagne, quelle più moderne anche di paratie laterali, per isolare determinate sezioni dello scafo allagate.

A prua troviamo il pozzetto dell'ancora, rivestito in acciaio inossidabile, con un piccolo foro che deve sempre essere tenuto libero (spurgato) per permettere il deflusso dell'acqua eventualmente imbarcata con la catena.

La parte superiore al piano di coperta è detta tuga, solitamente è leggermente bombata, sempre per permettere il rapido deflusso dell'acqua. Le barche da regata che non hanno l'esigenza come quelle da diporto di cabine e quindi, diminuendo l’abitabilità interna, possono esserne sprovviste: vengono chiamata Flash deck. L’equipaggio durante la navigazione prende posto nel pozzetto di manovra, dove sono generalmente rinviate tutte le manovre di controllo delle vele ed il timone. Il pozzetto è una zona riparata il cui piano di calpestio risulta più basso del piano di coperta. Gli ombrinali provvedono allo scarico dell’acqua defluita durante la navigazione all’interno del pozzetto.

L'apertura che conduce alla cabina della nave è detta Tambuccio, o comunemente boccaporti o passo-d'uomo. Quello di prua è detto CalaVele. Tutte le aperture visive sono i conosciuti oblò. E' importante che il numero di queste aperture sia quanto più possibile limitato, a causa delle possibili infiltrazioni.

 

2.9.   Impiantistica (cenni generali)

I moderni yachts, dotati di tutti i conforts, necessitano di automatismi e particolari impianti. L’energia elettrica, la più importante, viene accumulata in batterie e fornita come per l’auto a 12 Volts; alcune barche dispongono anche di generatori di corrente per la produzione di energia elettrica a 220 Volts come a casa. Con l’energia si riesce a far funzionare luci, pompe per l’acqua, strumenti di navigazione e qualsiasi accessorio elettrico che la tecnologia ci mette a disposizione. I bagni e le cucine funzionano pressappoco come a casa; alcune condutture prelevano l’acqua dai serbatoi appositi e la distribuiscono ai vari servizi tramite pompe elettriche. La maggior parte delle imbarcazioni non hanno serbatoi di recupero delle acque reflue, scaricandole direttamente nel mare attraverso le prese a mare presenti nell’opera viva dello scafo. Alcune imbarcazioni possiedono speciali impianti detti desalinizzatori con i quali è possibile rendere quasi potabile l’acqua di mare ed anche sistemi di riscaldamento. Ma veniamo al dettaglio.

 

2.9.1.      Impiantistica elettrica

Le batterie devono poter essere ricaricate una volta scariche. Esistono diversi sistemi su una barca che permettono questo processo. Primo fra tutti l’alternatore del motore ausiliario presente a bordo: durante il suo funzionamento produce corrente con la quale vengono ricaricate le batterie di bordo dei servizi una volta carica la batteria di avviamento del motore stesso. Una volta attraccati in banchina ed attaccata la presa 220 Volts della barca alla colonnina si attiva il secondo sistema di ricarica ovvero il raddrizzatore (caricabatteria di bordo). Nelle lunghe navigazioni a vela occorrerà recepire l’energia da fonti alternative quali il sole (energia solare, pannelli), il vento (energia eolica, generatori a ventola) e l’acqua (turbina con elica immersa a poppa e trascinata dalla forza delle vele). Esistono impianti a 220 Volts disattivi una volta staccata la presa dalla colonnina della banchina ed impianti che tramite convertitori di tensione (inverter) producono dal 12 Volts di cui è dotata la barca il 220 Volts come a casa, tali strumenti posseggono però potenze limitate di carico.

I generatori di corrente possiedono tutti i requisiti per supportare grandi carichi elettrici ma a loro svantaggio esiste il consumo di carburante. Per le crociere di una settimana, senza utilizzare mai i porti, può essere sufficiente l’energia fornita dalle batterie avendo un occhio di riguardo ai consumi elettrici. Per coloro che non si vogliono far mancare niente allora un piccolo generatore di corrente riesce a rendere la necessaria e sicura autonomia. Nelle navigazioni oceaniche occorre invece preparare la barca con i sistemi alternativi visti sopra.

 

2.9.2.      Impiantistica idraulica

L’acqua viene accumulata in appositi serbatoi per potere essere distribuita attraverso autoclavi elettriche ai servizi della cucina e dei bagni. Alcune imbarcazioni erano dotate di pompe a pedale per evitare consumi di corrente ma questo sistema viene ormai impiegato principalmente per prelevare acqua di mare, da usarsi ad esempio per sciacquare le stoviglie.

Quasi tutte le imbarcazioni scaricano le acque reflue in mare direttamente. Una nuova normativa europea stabilisce l’obbligo di installazione ed uso di serbatoi di recupero delle acque nere e grige da utilizzare nei porti al fine di evitare contaminazioni biologiche delle acque sottocosta, bene inteso che l’uso dei wc e dei normali scarichi è tutt’oggi vietato all’interno dei porti se non muniti di detti sistemi di recupero.

 

2.9.3.      Impianto gas

Dove c’è una cucina occorre il gas per far funzionare fuochi e forno. Le bombole del gas, di cui sono dotate le imbarcazioni, vengono stivate in gavoni areati esterni e collegate tramite conduttura ai servizi interrotte da una o più saracinesche di controllo.

 

2.9.4.      Impianti meccanici

A parte le pompe a pedale per l’acqua salata, gli unici due impianti meccanici di base sono rappresentati dal motore e dal sistema di rinvii del timone a ruota. Nello specifico troviamo poi piloti a vento, sistemi e dispositivi di comando delle vele, eliche di prua e verricelli delle catene delle ancore.

 

2.9.5.      Dispositivi di navigazione

Oggi la navigazione è completamente assistita da una miriade di strumenti ed automatismi. Primo fra tutti il gps che rileva costantemente la posizione della barca e ci permette di posizionare il nostro punto nave velocemente sulla carta; in molti casi presenta anche direttamente la posizione grafica riportandola sulla cartina a schermo (plotters cartografici) ed inoltre normalmente dotati di allarmi come ad esempio quello che permette di verificare l’allontanamento dalla posizione originale di ancora, nel caso l’ancora spedi, avendo fissato un raggio massimo di rotazione. Poi viene il pilota automatico che fornisce la rotta da seguire al timone attraverso servo-comandi elettrici o idraulici. Nella navigazione in solitario o nelle lunghe navigazioni risulta quasi indispensabile. Permette anche di eseguire manovre automatiche come la virata (auto-virata), lo skipper lascia il timone dopo aver impartito il comando e cambia mura al genoa mentre il pilota esegue correttamente una virata di 90 o 100 gradi settati precedentemente ed anche altre chicche del tipo seguire il vento nelle raffiche di scarso o di buono fino ad un fuori rotta impostato ad esempio a max 10 gradi, etc..

Segue il radar che rileva la presenza di ostacoli o addirittura di groppi e grandi perturbazioni. Anch’esso dotato di allarmi molto utili risulta molto efficace durante le navigazioni notturne od in presenza di nebbia. Poi possiamo contare sullo scandaglio che permette di verificare la profondità, il solcometro che ci indica la velocità e per ultimo ma non menu utile la stazione del vento che unito agli altri dispositivi in interfaccia ci rende velocità e direzione del vento reale e di quello apparente. Anche il vhf stà per essere automatizzato, almeno per quanto concerne il segnale di soccorso. Il tasto Dhsc spiazzerà il posto al vecchio May day verbale rendendo agli addetti al soccorso nel dettaglio tutte le informazioni su posizione e caratteristiche dell’imbarcazione.

Infine possiamo spendere due parole per gli automatismi inutili come le rande rollabili. Taluni pensano facilitino la vita, significa che non hanno provato bene i sistemi automatici con le borose rinviate in pozzetto! Non tutti gli automatismi possiamo pretendere funzionino.                                   

 

2.10.                   Il motore, differenziazioni e funzionamento (cenni generali)

E' importante conoscere prima di tutto la differenza tra motore a scoppio e motore Diesel. Il Diesel necessita della parte elettrica solo per l'avviamento, una volta avviato continua a funzionare anche senza l'ausilio dell'impianto elettrico. In quello a scoppio è sempre necessaria la componente elettrica per creare la scintilla delle candele, e se viene a mancare questa nel ciclo di alimentazione non sarà più possibile utilizzarlo. Nello motore a scoppio entra una miscela di aria e carburante (solitamente benzina), nel motore a gasolio inizialmente solo aria che viene surriscaldata e subito dopo unita al carburante. Si descrive un motore come un quattro tempi quando compie il ciclo in quattro fasi dei pistoni, a due tempi quando lo compie in sole due fasi. In un diesel è quindi più importante l'alimentazione, e l'evitare infiltrazioni d'aria.

 

2.10.1.  Il raffreddamento

Il sistema di raffreddamento, oltre quello ad aria può essere a liquido, con scambiatore di calore utilizzando l'acqua marina. La girante è una pompa centrifuga, utilizzata per il raffreddamento a liquido, tale organo è direttamente collegato meccanicamente al movimento del motore stesso. Lo scambiatore di calore funziona quindi con liquido dolce, refrigerante, raffreddato dall’acqua del mare e pompato a forza in un circuito avvolto attorno ai cilindri del motore.

 

2.10.2.  La trasmissione

Ogni motore marino entrobordo ha un invertitore di marcia ed un riduttore di velocità verso la trasmissione all’elica. Nelle trasmissioni tradizionali troviamo l'asse che collega il motore entrobordo all’elica posta all'esterno, attraverso un buco nello scafo detto mancione, praticamente sigillato ad evitare copiose infiltrazioni d’acqua verso la sentina con un pressatreccie (o premistoppa). Per favorire l'isolamento ci sono inoltre giunti cardanici e baderne. Altro sistema è il cosiddetto self-drive dove non esiste asse di trasmissione, ovvero il piede del motore è in unico blocco con questo e viene immerso nell’acqua tramite una più ampia feritoia ricavata nello scafo.

 

2.10.3.  L’elica

Le Caratteristiche principali dell'elica sono il numero delle pale e la loro inclinazione, il verso, il passo ed il diametro. La concavità fornisce più potenza che velocità pura, quindi maggiore sicurezza. La Respinta è in gergo la corrente respinta dall'elica che fa muovere l'imbarcazione. Per il vero basta ricordare che l'elica Destrorsa compirà, con marcia avanti, un giro in senso orario, l'elica sinistrorsa l'opposto. La poppa si sposta verso il lato in cui l'elica evoluisce. Nel Motore fuoribordo, tipico di molti natanti, coincidono elica e timone.

 

2.10.4.  Il carburante e gli organi di iniezione

Quasi tutte le imbarcazioni a vela installano motori diesel. Il carburante relativo è il gasolio, solitamente conservato in serbatoi di materiale plastico o di acciaio. Tale carburante viene succhiato del serbatoio attraverso una pompa ed inviato con una certa pressione agli iniettori posti sui cilindri nella parte superiore delle camere di scoppio. Il movimento degli iniettori è solitamente meccanico, comandato dall’asta a cremagliera e solo in alcuni casi sono presenti sistemi elettronici di iniezione pilotati da centraline elettroniche. La quantità  di afflusso di carburante attraverso questi organi determina il maggiore o minore regime di potenza del motore (aumento del numero di giri).

 

2.10.5.  Malfunzionamenti e problematiche

Come possiamo immaginare le cisterne di carburante a servizio dei distributori possono pescare sporcizia o addirittura acqua e quindi spedire tali sostanze nei serbatoi delle nostre imbarcazioni. Nei peggiori dei casi avremo malfunzionamenti generati da scarso afflusso di carburante per intasamento dei filtri come, nella peggiore delle ipotesi, il completo fermo del motore per aspirazione dell’acqua presente nel serbatoio. Oltre a questo anche la girante, accennata sopra, si può rompere, ad esempio per usura. In questo caso il raffreddamento divenendo inefficace può causare danni di surriscaldamento al motore fino al blocco completo del sistema. Questi i normali e peggiori casi che devono fare riflettere su quanto si renda indispensabile la manutenzione ed il controllo di efficacia atti a prevenire disfunzioni e rotture.

 

2.10.6.  I comandi ed i controlli

Attorno al timone (chiesuola o panchette) trova posto il leveraggio diretto al motore. La leva imposta la marcia avanti e la retromarcia agendo sull’invertitore. Durante l’avanzamento della nostra imbarcazione avremo a disposizione il nostro contagiri e l’indicatore del livello del carburante. Contando sulle specifiche tecniche del motore conosciamo il consumo relativo orario ad un certo numero di giri. Conoscendo la quantità di carburante presente nel nostro serbatoio possiamo stimare, in difetto per nostra sicurezza, le ore di moto a nostra disposizione. Relativamente la velocità sviluppata al momento in funzione di corrente, vento e onda possiamo anche stimare la distanza percorribile.

 

2.10.7.  La manutenzione

L’olio presente nel motore è di vitale importanza per il normale funzionamento prolungato nel tempo. Risulta opportuno un controllo costante non solo prima delle navigazioni ma anche durante le stesse, una volta ormeggiati nei vari marina od all’ancora in rada. Se il livello dell’olio scende sotto il limite minimo è opportuno il rabbocco con ulteriore liquido. Nel caso il consumo risulti eccessivo rispetto al normale dichiarato dal costruttore od alle esperienze personali diventa necessario un controllo tecnico da richiedere prontamente ad un centro di assistenza. Sono molto importanti inoltre i filtri dell’acqua e del gasolio. Occorre verificarne lo stato frequentemente e nel caso di sporcizia rilevante preoccuparsi del motivo ed intervenire (es. pieno di gasolio sporco). La girante può essere tranquillamente sostituita se dotati di opportuna manualità. Pulire spesso la sentina, in particolare sotto il basamento del motore, può inoltre essere utile nell’individuazione di perdite varie avendo così il tempo di prendere tempestivamente provvedimenti. Valutare infine il gioco presente nei leveraggi di comando del motore (acceleratore e invertitore), il corretto posizionamento del motore rispetto all’asse, la validità dei silent block, lo stato dei premistoppa sono operazioni da normale carnet del velista da yacht.

 


3.      Fisica dinamica

 

3.1.   Le forze ed i vettori

Una corpo qualsiasi che si muove nello spazio possiede un peso ed una velocità e quindi speriamo di non beccarlo in un occhio. Viene rappresentato graficamente con una freccia in scala più o meno lunga che identifica la sua velocità (intensità) ed un orientamento (verso) che indica la direzione. Poniamo l’esempio sul vento. Per indicare graficamente un vento di intensità 10 Kts tracceremo sulla carta, usando una nostra scala, una linea di 10 cm.; l’angolo di inclinazione ed il verso della linea indicheranno la direzione da cui proviene. Una barca che naviga alla velocità di 6 Kts sarà indicata con un vettore (freccia) di 6 cm.

 

3.2.   Sommatoria algebrica (regola del parallelogramma)

Ipotizzando due scatole di fagioli di Kg1 ciascuna potremmo identificarle con due vettori lunghi cm.1. Se il verso dei due vettori è identico possiamo dire con certezza che la risultante dei due vettori è un vettore di 2 cm. di lunghezza. Effettivamente ponendo i due barattoli su una bilancia, su uno stesso lato otterremo la sommatoria dei due pesi ovvero 2 Kg.. Spostando un barattolo sul piatto opposto otterremo invece 0 Kg.. Quindi due vettori di uguale intensità e direzione ma di verso opposto si sommano algebricamente annullandosi o sottraendosi. Fino a qui niente di più semplice. Addentrandoci nel problema rileviamo anche la possibilità che i due vettori abbiano direzioni diverse ma non opposte perfettamente tra loro; la loro somma algebrica può realizzarsi solo scomponendo le due forze nelle loro dimensioni e direzioni rispetto ad un sistema di coordinate di assi cartesiani, ovvero rispetto alle direzioni x ed y.  Diremo perciò che rispetto allo spazio bidimensionale xy le componenti di quel vettore saranno le proiezioni sugli assi relativi.

 

3.3.   L’equilibrio delle forze (Momenti e coppie)

Non stiamo parlando di cronaca rosa ma ovviamente di fisica. Un momento rappresenta il valore di una forza rispetto ad una distanza. Immaginate un sasso legato ad una cordicella che ruota attorno alla vostra mano; il sasso ha un peso e la cordicella una lunghezza. Immaginate adesso di rovesciare una bicicletta, appoggiandola sul manubrio e sulla sella; legando un carico sul lato di una ruota la stessa, una volta libera, ruoterà verso il basso. Contrapponendo un peso, di uguale misura, sul lato opposto quella ruota risulterà bilanciata e non otterrete movimento alcuno. Il valore di un momento si esprime in Kgm (Chilogrammetri), la sommatoria di due o più momenti sarà una sommatoria algebrica (coppia).

 

3.4.   Il  momento ribaltante

Afferrate al centro un manico di granata di ml.1,50 con una mano (dopo avere assicurato vostra moglie che lo infilerete nuovamente nella base a fine esercizio senza alcun danno per l’utensile). Alla estremità sinistra appendete un peso di 1 Kg mentre alla estremità destra un peso di 1,5 Kg.. Noterete certamente una pressione verso il basso alla vostra destra (nonostante le domande sciocche di vostra moglie). Concentratevi adesso, il momento ribaltante a cui è soggetto il manico della granata è di Kgm 0,375 nel calcolo (Kg. 1,5 * ml. 0,75) – (Kg.1 * ml. 0,75).

Modificando la posizione dei pesi su una delle due parti otterremo valori di momento diversi fino a trovare l’equilibrio del manico. Rimontate adesso il manico sull’utensile e fate pace con vostra moglie spiegandole, adesso che avete più tempo, che stavate perfezionando le vostre conoscenze di fisica.

 

3.5.   L’accelerazione e la pressione

Adesso andate in giardino e per farvi perdonare dite a vostra moglie che le innaffierete i fiorellini e l’erbetta. Collegate la canna dell’acqua al rubinetto e apritelo. L’acqua inizierà a fuoriuscire dalla canna in gomma. Ora schiacciando il punto di uscita del tubo di gomma con le dita noterete un getto più lungo, quindi una maggiore velocità di fuoriuscita dell’acqua. Avete appena assistito al fenomeno della accelerazione di un liquido all’aumentare della sua pressione.

Se per caso avete appena eseguito questa prova sui ciclamini sono cavoli vostri: a causa della pressione sanguigna in aumento di vostra moglie le parole che usciranno dalla sua bocca vi risulteranno molto accelerate e più forti.

 

3.6.   Effetto delle resistenze

Pensando all’acqua all’interno della canna in gomma che fuoriesce per pressione, sappiate che la velocità del liquido sulle pareti interne sarà inferiore al quella esistente al centro del tubo. Fate questo mentre vostra moglie vi trascinerà fuori di casa mentre strascicherete i piedi sul pavimento in segno di disapprovazione. Le vostre suole lasceranno il segno della loro resistenza.

 

3.7.   Principio di portanza

Una volta fuori da casa montate sulla vostra auto, una Citroen Dyane, e mettetevi in cammino su una strada diritta che permetta una velocità da codice di 80 Km/h. Quando sarete un po’ più rilassati concentratevi sul tettino morbido della vostra autovettura. Domandatevi perché lo stesso presenta una curvatura verso l’esterno dell’autovettura anche se avete i finestrini chiusi. Ora per evitare gli incidenti riportate i vostri occhi sulla strada. Vi domanderete: l’aria che incontra l’auto dovrebbe tendere a schiacciare verso il basso il tettino, invece avviene la cosa opposta. La risposta al quesito trova esito nella depressione che si viene a creare per effetto aerodinamico indotto dalla velocità e dalla struttura esterna della vostra auto. L’aria tende ad allontanarsi nella zona di minore pressione, ovvero sopra il vetro anteriore, creando una forza verso l’alto di aspirazione.

 

3.8.   L’avanzamento lineare e le forze in opposizione

L’avanzamento della vostra auto è procurato dal motore. L’aria oppone resistenza durante l’avanzamento. All’aumentare della velocità aumenta la resistenza indotta dell’aria spostata, ma anche in caso di vento contrario otteniamo uno sforzo maggiore del nostro motore. Ora mentre la resistenza prodotta da una salita da affrontare con l’auto è vinta dalla sola forza del nostro motore, l’opposizione dell’aria può essere quasi annullata aumentando il profilo aerodinamico dell’autovettura migliorando la penetrazione e la resistenza relativa. Una Ferrari sarà sempre più slanciata e bassa della vostra Dyane, come del resto un jet supersonico più profilato e dotato di maggiore penetrazione di un deltaplano. Non realizzate nessuna prova di modificazione del profilo alla vostra auto a questo punto, dovete fidarvi necessariamente di me.

 

3.9.   Il baricentro

Non necessariamente questa parola definisce il centro urbano di una grande città del sud. Nel nostro caso individua il punto geometrico di equilibrio di un qualsiasi corpo. Prendete un giornale di vostra moglie, una volta rincasati per cena. Con una mano tenete il giornale perfettamente orizzontale sollevandolo nel vuoto, ponendo un solo dito da sotto perfettamente al centro della superficie la rivista non cadrà e rimarrà in equilibrio. Spostando il dito in una qualsiasi zona diversa da quella baricentrica la rivista cadrà. Nel momento in cui vostra moglie passerà con la cena per coricarla sul tavolo sorridetele e posate la rivista.

 

3.10.                   Le vele, principi dinamici

Nei tempi antichi i velieri venivano spinti dal vento; le vele opponendosi con la loro superficie al vento, producevano lo spostamento della barca. Per mezzo del timone era poi possibile indirizzare l’imbarcazione nella direzione voluta fino ad un angolo rispetto al vento comunque minore del traverso. Le andature erano esclusivamente portanti: poppa e lasco. Le vele moderne, randa e genoa, sfruttano la portanza ovvero producono con il loro profilo, concavo ed abbastanza aerodinamico, una depressione nella zona sottovento in funzione della velocità di avanzamento. Tale depressione, come nel caso del tettino della dyane di cui al punto 3.7, deve essere vista come una aspirazione della barca verso la zona sottovento che grazie alle resistenze indotte da deriva e timone viene sfruttata per produrre velocità di avanzamento. Volendo stringere sempre di più il vento, assumendo quindi andature di bolina per risalire il vento, le nostre vele verranno profilate e chiuse sulla barca sempre di più.

 

3.11.                   Le vele, utilizzo e comportamento

Pensate al vento che investe una barca: l’effetto primario è lo scaroccio ovvero il movimento trasversale della nostra barca nella stessa direzione del vento. La deriva della imbarcazione che è immersa nell’acqua e tutta l’opera viva oppongono una forza al vento fino ad inclinarsi sottovento. Ora consideriamo l’andatura perpendicolare alla direzione del vento, il traverso. Quando procediamo al traverso la nostra randa sarà aperta sottovento di circa 30-40 gradi. Nella zona sopravento della vela il vento scivolerà lungo il tessuto uscendo dalla zona poppiera mentre i filetti di aria divisi dall’albero si distaccheranno, per effetto del profilo concavo, nella zona sottovento andando ad accelerare al fine di potersi riunire con i filetti di sopravento.  Questa ulteriore spinta verrà ancor più accelerata e resa potente dall’azione del genoa che produrrà un effetto venturi tra le due vele.

 

3.12.                   Il vento apparente

Il vento reale è l’aria che si sposta nell’atmosfera. Quando siamo fermi possiamo misurare la intensità del vento con un qualsiasi anemometro. Il vento reale sarà ovviamente diverso in porto o sulle spiagge che in mare, sia per intensità che probabilmente per direzione, il tutto dovuto alla conformazione della costa, alla vegetazione od a montagne vicine che ne deviano e modificano il flusso. Il vento apparente si può misurare solamente durante l’avanzamento della nostra imbarcazione. Esso è la risultante che si va a creare tra il vento reale e la velocità di navigazione relativamente l’angolo che la nostra prua forma con il vento reale. Procedendo a 5 nodi di velocità con andatura di traverso (90 gradi rispetto al vento) con vento di 10 nodi di intensità avremo probabilmente un apparente di circa 12 nodi, di direzione più angolata verso prua rispetto al vento reale. All’aumentare della nostra velocità aumenterà sia l’intensità dell’apparente che la direzione dello stesso arrivando sempre più inclinato da prua.


4.      Fisica applicata

 

4.1.   Lo sbandamento e lo scaroccio

Il centro velico è il punto in cui si applicano le forze aerodinamiche per ogni vela, forza che viene poi trasferita alle zone periferiche; il centro velico è un baricentro risultante dalle varie forze agenti sulla vela ovvero della azione dinamica di una vela profilata avente un certo angolo di incidenza rispetto al vento durante il suo normale lavoro. In caso di più vele diciamo che esiste un centro di velatura. Il Piano velico è invece la superficie totale delle vele dell’imbarcazione. La forza esercitata sul centro di velatura fa sbandare l'imbarcazione, per contrastare questa azione opponiamo la resistenza sotto il livello del mare con la deriva e con il bulbo nelle imbarcazioni provviste. Il centro di deriva è il punto centrale dove entra in azione la forza dell'acqua che si oppone a quella del vento. Il momento ribaltante ottiene così il proprio equilibrio: la forza del vento che tende ad abbattere la barca viene contrastata dalla pesantezza del bulbo e dalle forze idrodinamiche in opposizione, consistenza del fluido e superficie della deriva. Durante il movimento della barca la deriva, con il suo profilo, produce inoltre una determinata portanza, annullando in parte la componente trasversale all’avanzamento imposta dalla direzione del vento, detta scaroccio. Nelle diverse andature tutte le barche tendono allo scaroccio; a seconda dei profili degli scafi e delle appendici immerse alcune imbarcazioni saranno meno soggette a questa legge fisica. Anche il velista, lavorando con le vele, può ridurre in parte questa tendenza presente in ogni imbarcazione. Solitamente diminuendo lo sbandamento si ottiene una maggiore precisione di rotta.

 

4.2.   L’equilibrio e l’assetto

La posizione dell’albero sull’asse longitudinale della barca può spostare il centro velico verso prua o verso poppa rispetto al centro di deriva. Se è a poppavia avremo una barca orziera, tenderà quindi ad andare verso il vento, se spostato verso prua avremo un comportamento puggero e la barca tenderà a mostrare la poppa al vento. In entrambi questi casi dovremmo opporre resistenza con il timone per correggere la rotta, opponendo così una resistenza all'avanzamento che oltre a farci faticare molto nella conduzione ridurrà anche la velocità. La regola di sicurezza vuole che la barca tenda leggermente all’orza, ma ripeto, solo ciò che basta; l’intero armo deve risultare centrato.

 

4.3.   La deriva

Conosciamo già l’esistenza delle correnti presenti nel mare. Durante la navigazione esse comportano l’effetto deriva. Tale effetto può giocare a favore della navigazione nel caso contrasti lo scaroccio della nostra barca o la spinga da poppa durante una andatura portante. Può essere sfavorevole e sommarsi allo scaroccio e quindi nuocere alla nostra rotta e addirittura contrario ed opporsi alla nostra velocità.

 

4.4.   L’effetto del vento e delle onde

Il rollio ed il beccheggio sono due movimenti indesiderati impossibile da annullare provocati dal moto delle onde o dal vento unito a queste. Il Rollio si sviluppa sull'asse longitudinale dello scafo, quindi oscillando verso destra e verso sinistra. Il beccheggio lungo l'asse trasversale, quindi facendo alzare ora la prua, ora la poppa. La somma dei due movimenti è detta guizzata.

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5.      Le manovre fondamentali

 

5.1.   Le andature

Le moderne imbarcazioni a vela permettono di risalire il vento, rispetto alla sua direzione, fino ad un angolo minimo di circa 40 gradi. Le imbarcazioni da regata ed alcuni scafi molto performanti riescono a stringere il vento fino a 30 gradi. La zona da dove proviene il vento per un angolo di apertura di 40 gradi per parte prende il nome di angolo morto. Una barca posta con la prua parallela alla direzione del vento non avanza fino a quando la prua non formerà un angolo con il vento di circa 40 gradi. Tutte le andature che risalgono il vento si chiamano montanti o bolina, mentre dal traverso fino alla poppa piena si chiamano portanti. Una barca si trova al traverso quando il vento reale risulta perpendicolare alla sua forma longitudinale. Il lasco è una andatura portante in quanto la barca riceve il vento da circa 45 gradi rispetto alla poppa.

 

5.2.    

5.3.   Orzare e poggiare, regolazione elementare delle vele

Si dice che il vento rifiuta quando provenendo da una diversa angolatura, evolve in direzione della prua. A seconda dei casi occorrerà scegliere se mantenere la rotta o l’andatura rispetto al vento. Se scegliamo la rotta dovremo regolare le vele per un angolo di bolina minore, più stretto rispetto al vento; cazzeremo le nostre vele per profilarle e quindi smagrirle. Nel caso volessimo assecondare la diversa angolatura del vento o della raffica dovremo poggiare, assecondare quindi il vento ponendo la barca nella stessa angolatura di origine modificando però la rotta. Il vento rifiuta quando di muove verso poppa. In questo caso avremo necessità di modificare l’assetto delle nostre vele per proseguire la nostra rotta oppure orzare per assecondare la nuova direzione del vento. Andare in vela significa tenere una regolazione ottimale delle vele per quell’andatura. I piloti a vento consentono di automatizzare l’uso del timone affidando ad un artifizio meccanico che lavora con il vento l’uso della barra o della ruota del timone. Tale automatismo orza o poggia a seconda del variare dell’angolo del vento per mezzo di una ventola che impartisce la rotta al timone affinché le vele rimangano sempre nella regolazione ottimale.

 

5.4.   Virare di bordo, abbattere, strambare

Si vira nel momento in cui, orzando velocemente, si passa con la prua nell’angolo morto del vento fino alla zona di vento sulla mure opposta che consente l’avanzamento. Solitamente si usa virare durante i bordeggi nelle andature montanti (bolina), quando cioè si risale il vento. Si abbatte invece quando, si intende cambiare di mure durante una andatura portante, facendo passare la poppa al vento. Tra i velisti e con errore rispetto al lessico marinaresco l’abbattuta è normalmente chiamata strambata. In verità la strambata specificherebbe una abbattuta involontaria, situazione molto pericolosa e da evitare.

Nella virata la randa rimane ferma nella sua regolazione, mentre la vela di prua, il genoa, deve cambiare mure, passando sul lato opposto della barca. Per fare questo un persona si terrà pronta a filare quella che al momento è la scotta del genoa di regolazione, passando la maniglia all’altra sul lato opposto che darà volta sul winch alla scotta ora libera ma che diverrà di regolazione subito dopo il cambio di mure; poi installerà la maniglia sopra alla testa del winch. La due persone una volta pronte per la manovra, ordinata dallo skipper con “pronti a virare”, diranno “pronto”; lo skipper risponderà “viro” e indirizzerà la prua della barca verso il vento (orzerà). Nel momento in cui il genoa si sgonfierà la persona senza la maniglia sul winch eseguirà il “mollafiocco”, mettendo in bando la scotta e facendo attenzione che non si aggrovigli. Nello stesso istante, con la sola forza delle braccia (la vela è scarica) dalla parte opposta sarà recuperato il genoa. Nel frattempo il timoniere avrà disposto correttamente lo stesso angolo di bolina sulla mure opposta. Importante: prima di usare la maniglia per trimmare giustamente la vela aspetteremo che la barca abbia ripreso velocità, poi agiremo sul winch e metteremo a segno il nostro genoa seguendo gli indicatori posti vicino all’inferitura.

Nella strambata anche il randista è occupato. Passando il vento da poppa dovrà riportare la randa al centro della barca, per evitare che sbatta violentemente sulla mure opposta. Una volta cambiata la mure potrà filare la scotta per aprire nuovamente al giusto angolo con il vento, seguendo la rotta del timoniere. In questa manovra i due tailer sono avvantaggiati dal vento da poppa che spinge il genoa in avanti verso prua.

 

5.5.   Il timone e la rotta

Condurre una barca significa reagire alle azione del vento e del mare che interferiscono con la nostra rotta. Volendo mantenere la barca diritta sull’angolo di rotta scelto possiamo contare su più metodi. Il più sbagliato è il navigare con gli occhi puntati sulla bussola; lo strumento va solamente controllato ogni tanto per verificare la nostra rotta. Fino a quando la navigazione avviene verso terra possiamo sfruttare vari punti sulla costa allineandoli con la nostra prua. Questi possono variare per intervento della corrente di deriva o per il nostro scaroccio o puramente per la variazione dell’angolo di incidenza del vento; dovremo allinearci nuovamente con i punti cospicui in questi casi. Abbiamo poi le onde del mare che mantengono un angolo costante con la nostra prua, il sole o, di notte, le stelle. La cosa fondamentale da percepire è la direzione del vento. Se le vele iniziano a sbattere: sicuramente stiamo orzando troppo oppure il vento stà rifiutando, girando verso prua; dobbiamo poggiare. Acquisendo sensibilità riusciremo a portare la barca ad occhi chiusi, semplicemente contando sull’azione del vento sul nostro volto, sull’azione del sole.

Le onde infine giocano un ruolo determinante sull’assetto della barca, modificando continuamente la nostra rotta. Occorre prevenirle poggiando leggermente prima della loro azione sullo scafo.

Determinante risulta l’azione delle vele, la loro forza ed incidenza rispetto al vento provoca lo sbandamento eccessivo dell’imbarcazione e quindi l’aumento dello scaroccio. Al timone riusciamo ad avvertire la necessità di togliere potenza od aumentarla, oppure di bilanciare la barca registrando le vele. Se il sistema velico non risulta bilanciato, in caso di vento fresco, il timone oltre a far sentire la propria presenza al timoniere divenendo duro risulterà inoltre mai dritto sull’asse dell’imbarcazione aumentando la resistenza e quindi diminuendo la velocità.


6.      La regolazione delle vele

 

6.1.   La randa

Prua al vento e la prima vela a riva sarà la randa. Poi poggeremo, faremo prendere vento alla randa ed inizieremo a muoverci. Una volta issata con la drizza possiamo contare su questa manovra per rendere più piatta o più grassa la vela lungo l’inferitura. Vediamo ora l’uso delle manovre: con il tendibase regoliamo la tensione del lato vicino al boma della vela. Per tensionare la balumina useremo, a seconda dei casi, la scotta della randa oppure il vang. Mentre la scotta agisce sul carrello che permette di angolare il boma sopravento o sottovento mantenendo la solita tensione sulla balumina, il vang agisce solo sulla posizione verticale del boma, mantiene la balumina tesa e rende libertà di modifica alla scotta ed al carrello. Nelle andature portanti, quando la vela viene aperta maggiormente verso le sartie, la forza del vento tenderebbe a fare alzare il boma in quanto la scotta non produce una tensione diretta sul carrello. Il vang, anche detto ritenuta del boma, permette di tensionare la balumina lasciando libertà alla scotta ed al carrello di essere lascati senza fare alzare il boma e non ridurre così superficie velica utile da opporre al vento. Il vang risulta utile anche nelle andature di bolina con poco vento quando volendo portare il boma il più possibile al centro si scarrella sopra vento il trasto di randa e per merito del vang si mantiene tensionata la balumina. Su di una randa i tell-tales (i nastrini indicatori) sono normalmente posti lungo la balumina ad evitare che effetti aggiuntivi dovuti alla presenza del genoa falsino la regolazione della vela. Si procede alla messa a segno della randa dopo avere effettuato quella sul genoa. Daremo quindi una tensione media a drizza, tendibase e scotta, poi metteremo a riva ed a segno il genoa o le vele a prua della randa dopodiché procederemo nel seguente modo per ottimizzare la nostra randa. Volendo procedere di bolina useremo il vang per bloccare il boma alla altezza che verosimilmente tensioni la balumina giustamente per una bolina, puntandolo solamente, senza dare tensione alla scotta che lo regola. Poi lascheremo la scotta del trasto di randa fino a quando l’inferitura della vela non rifiuterà e la cazzeremo leggermente una volta trovato il rifiuto. Questa è la posizione minima di apertura della nostra vela rispetto alla andatura che stiamo seguendo. Adesso guarderemo i nostri tell-tales. La lettura dei tell-tales lungo la balumina ci indicherà come tensionare giustamente la nostra randa. Sappiamo che il vento si dividerà lungo l’albero in due correnti distinte, il sopravento ed il sottovento e che i filetti fluidi di vento che corrono sopravento scivolano lungo la tela per uscire dalla balumina mentre quelli sottovento accelerano sulla depressione per andare a riunirsi a quelli sopravento. Ora se la tela, in qualsiasi sezione orizzontale, risulterà troppo concava oppure troppo chiusa rispetto al vento i nostri tell-tales risulteranno piegati sottovento. Se invece la nostra balumina risulterà troppo aperta i nostri segnavento segneranno il sopravento. Tensioniamo giustamente la base della randa dandole il giusto grasso per mezzo del tendibase, Poi con il carrello al centro agiamo sulla scotta fino a quando i nostri tell-tales si troveranno perfettamente paralleli al profilo della vela.

E’ importante sapere che il vento reale è sempre maggiore di intensità in testa d’albero che alla base, per effetto delle resistenze offerte dalla superficie del mare. Conseguentemente la direzione del vento apparente, visto che la velocità di avanzamento è la stessa lungo tutto l’albero, risulterà in alto più angolata verso poppa. La nostra vela chiederà infatti di avere la balumina più aperta nella zona alta rispetto alla base. Per ottenere questo può essere sufficiente la regolazione di scotta, altrimenti volendo aprire maggiormente il profilo della balumina, particolarmente nei casi di poco vento, dovremmo agire sul carrello del trasto di randa, spostandolo sopravento. In questo modo il boma modificherà la sua angolazione quindi lascheremo la scotta per riportare il boma alla posizione ottimale. Da questa operazione risulterà un profilo chiuso come prima alla base ma con una balumina più aperta in alto. Puntando il vang in questa posizione e mantenendo ferma la tensione sulla scotta, saremo inoltre liberi di scarrellare l’intero sistema sopravento o sottovento per ottimizzare ancora di più il nostro profilo. Ultima manovra da conoscere: il paterazzo. Detta regolazione agisce sullo strallo di poppa, di conseguenza determina la posizione dell’albero arretrata o avanzata e di conseguenza la tensione sullo strallo di prua. Nelle montanti con vento fresco occorre tensionare il paterazzo per ridurre l’effetto catenaria dello strallo di prua, ovvero diminuire l’allunamento. L’effetto sulle vele sarà uno smagrimento delle inferiture e relativo spostamento del grasso del profilo indietro.

Nelle andature portanti la randa viene aperta verso le sartie lascando la scotta. In questa situazione il boma si alzerà per effetto dell’azione del vento. Volendo offrire più superficie al vento possibile agiremo sul vang: cazzandolo abbasseremo il boma e manterremo la randa aperta nella giusta angolazione.

 

6.2.   Il genoa

Dobbiamo pensare alla balumina del genoa con gli stessi principi usati per la randa. Differentemente da questa non abbiamo boma e vang e la scotta utilizza un carrello longitudinale e non trasversale. Lavorando sul carrello del genoa in bolina otterremo uno smagrimento della balumina avanzandolo e conseguentemente  aumenteremo il grasso del profilo specialmente alla base. Arretrandolo otterremo l’effetto opposto ovvero lamineremo la base e conseguentemente faremo sventare la balumina. Ci aiuteranno i nostri tell-tales che sul genoa saranno posti vicino all’inferitura. In alcuni casi, volendo forzatamente far chiudere la balumina, avendo laminato molto la base dobbiamo agire sul meolo. Il meolo è una scottina che corre lungo la balumina; tensionandolo otterremo un accorciamento della caduta poppiera della vela. Il meolo va usato solamente a regolazione effettuata, a parziale correzione di assetto e principalmente per evitare lo sbattimento della balumina troppo aperta.

Nelle andature portanti è necessario arretrare maggiormente il carrello per fornire la vela di una forma a cucchiaio, più idonea a ricevere il vento da poppa. Su alcune barche, al fine di aumentare verso l’esterno l’apertura della vela, vengono usati addirittura i barber dello spinnaker che, armati sulla falchetta e dotati di bozzelli apribili spostano la scotta verso l’esterno.

 

6.3.   Riduzione della superficie velica

All’aumentare del vento occorre ridurre la superficie delle nostre vele o nel gergo marinaresco prendere una mano di terzaroli. Nelle barche da crociera, relativamente le vele di prua, abbiamo il rollafiocco. Agendo su questo meccanismo arrotoliamo sullo strallo la superficie di vela in esubero. Nelle barche da regata in particolare dobbiamo cambiare vela e quindi ammaineremo la vela che risulta grande ed isseremo la piccola più idonea. Per fare questo dobbiamo adottare un andatura di bolina che ci permetta di portare la vela in barca agevolmente. Su alcune barche di vecchia concezione troviamo ancora i genoa terzarolabili. Queste vele posseggono una o più prese di terzaroli nel senso che vengono disposti lungo la balumina nuovi punti di scotta e sulla inferitura nuovi punti di mura. Ammainando una parte della vela incocceremo il nuovo punto di mura alla base dello strallo e sposteremo le scotte sulla brancarella più alta per armare la nuova bugna. Normalmente su ogni asse bugna scotta sono presenti delle brancarelle dove per mezzo dei matafioni fisseremo la parte di vela in esubero. Rendendo tensione con la drizza all’inferitura la vela risulterà ridotta verso il basso e verso lo strallo su cui è inferita.

Come il genoa anche la randa può essere rollabile. Prendere una mano di terzaroli con questi catafalchi è a volte impossibile. I meccanismi di apertura e chiusura della vela possono bloccarsi o rompersi e comunque il rientro della vela con molto vento risulta sempre ostacolato dal movimento del boma e della balumina che sbatte libera sopra le nostre teste. Preferisco quindi fare riferimento ad una randa tradizionale per spiegare la presa di terzaroli in santa pace. Dopo avere assunto una andatura di bolina lascheremo la scotta per ottenere una randa il più possibile libera da tensioni indotte dal vento, la faremo dileggiare. Potremmo anche decidere di disporci prua al vento ma con il mare formato avremmo molto beccheggio che ci impedirebbe di lavorare agevolmente in coperta ed inoltre la vela di prua andrebbe a sbattere sull’albero. Se la nostra barca non è dotata di vang rigido che sostiene il boma dovremo mettere in tensione l’amantiglio per non far cadere il boma una volta lascata la drizza. Lascheremo perciò la drizza quel tanto che basta al fine di incocciare la brancarella dell’inferitura nel corno di trozza presente all’attacco del boma con l’albero. Poi cazzando la borosa, passante per la brancarella di rispetto sulla balumina, tenderemo la base della vela; subito dopo renderemo tensione alla drizza. In alcuni sistemi moderni, al fine di poter prendere le mani di terzaroli senza allontanarsi dal pozzetto, il corno di trozza è soppiantato dalla borosa stessa che uscendo anche dalla trozza del boma, prima di tornare in pozzetto, fa scendere il nuovo punto di mura automaticamente. L’operazione successiva sarà ovviamente il ritensionare la drizza e lascare l’amantiglio adesso non più necessario.

 

6.4.   La trinchetta

Negli esempi sopra esposti, riducendo le vele in un armo a sloop, otterremo un allontanamento del genoa o del fiocco rispetto all’albero. Questo va a compromettere in parte il bilanciamento dell’intero armo. Per questo motivo alcune barche vengono dotate di uno stralletto, più arretrato rispetto a quello di prua e magari amovibile. Su tale strallo viene issata la trinchetta, un piccolo fiocco che più vicino all’albero rende maggiore equilibrio velico una volta ammainato il genoa. Negli armi a cutter la trinchetta viene usata anche assieme ad un genoa con un punto di scotta molto alto detto yankee. La forma dello yankee è utilizzata per non interferire sui rifiuti della trinchetta prodotti alla base, al fine di permettere alle due vele di lavorare assieme.

 

6.5.   Lo spi ed il gennaker

Al lasco od in poppa il genoa viene normalmente coperto dalla azione della randa, comunque viene sentita la necessità di una vela di maggiori dimensioni, più adatta a spingere la barca. Lo spinnaker con la sua forma a pallone ha il principio di raccogliere la maggiore quantità di vento possibile. Vedendo una barca armata con spi, sembra che il pallone traini un carico appoggiato sull’acqua. In effetti è proprio ciò che fa, come un aquilone. Uno spinnaker ha due bugne libere, tenute da due scotte rinviate il più possibile verso poppa. Per mantenere il lato sopravento (inferitura) aperto il più possibile viene utilizzato il tangone. La scotta che sorregge il tangone prende il nome di braccio. Il tangone viene fermato sull’albero per mezzo di una campana o  di una varea apribile come quella esterna. Il tutto può essere fisso oppure scorrevole lungo l’albero su carrello. Il tangone è sorretto da un amantiglio (carica alto) e fissato in coperta dal carica basso; entrambe queste manovre sono solitamente rinviate in pozzetto. Mentre l’amantiglio una volta regolata l’altezza del naso del tangone rimane pressoché inutilizzato, il caricabasso viene lascato e cazzato secondo il grado di inclinazione che si vuole dare alla inferitura dello spi lavorando in concerto con il braccio e con la scotta. Si dice strallare quando si porta il tangone verso lo strallo di prua, quadrare quando si apre il tangone verso le sartie. La posizione dello spinnaker è determinata dalla nostra andatura, il vento deve incidere perpendicolarmente all’allineamento delle due bugne; al lasco od al traverso avremo uno spi strillato mentre in poppa lo quadreremo. Issare lo spinnaker ed ammainarlo sono manovre più facili da imparare vedendole nella pratica che non scritte e disegnate. Diremo che vista la potenza della vela useremo il genoa per coprire parte del vento e permettere così allo spi di arrivare in testa d’albero prima di gonfiarsi durante l’issata, oppure nell’ammainata per togliere potenza una volta tolta tensione alla drizza. Importante è sapere che prima di tutto, nell’issata, occorre avere posizionato il tangone nella giusta posizione ed avere passato il braccio nella sua varea; solo dopo possiamo agire sulla drizza e portare a riva la vela. Dopo sarà ammainato il genoa, ormai inutile. Per ammainare lo spi occorrerà lascare il braccio, staccare il tangone e recuperare la vela dalla base lascando la drizza, lavorando da sotto la base del genoa.

Occorrono molte meno manovre per manovrare il gennaker o mps (multi purpose sail). Tale vela ha la forma di uno spi ma mantiene l’angolo di mura incocciato sulla base dello strallo o, ancora meglio, su un bompresso che allontana il punto di mura fuori dalla prua della barca. Con questa vela non si utilizza il tangone e le scotte devono essere di misura doppia rispetto a quelle dello spi in quanto, avendo una sola bugna a differenza dello spi, durante le manovre deve essere murato sul lato opposto passando esternamente allo strallo di prua. Alcune barche montano addirittura un rolla gennaker che facilita moltissimo le operazioni di issata ed ammainata, permettendo ad un equipaggio ridotto di condurre una vela da andature portanti senza molti problemi ed agilmente. L’unica pecca del gennaker stà nel fatto che non è possibile utilizzarlo sopra i 150 gradi di angolo rispetto al vento (lasco).


7.      il comando, doveri del comandante e le autorità

 

7.1.   Il Comandante,

di una imbarcazione (skipper) ha la piena responsabilità del mezzo e dei passeggeri. Egli è sempre il responsabile di tutto quello che avviene in barca e della barca stessa, sia in navigazione che durante lo stazionamento nei porti, rispondendone civilmente e penalmente.

 

7.1.1.      I doveri

Prima di iniziare la navigazione il comandante controlla lo stato di efficienza del mezzo: le prese a mare, la sentina, il motore ed i livelli, il carburante, le vele e tutti i comandi relativi, nonché il sistema di comunicazione e le dotazioni di sicurezza, le dotazioni di bordo. Si informa tramite i vari sistemi informativi sulle condizioni meteo, ascolta i bollettini meteo sui vari canali VHF o utilizzando internet, televideo, oppure direttamente nei marina o presso gli uffici della Guardia Costiera. Cura e verifica l'approvvigionamento di viveri e di acqua. Spiega con cura a tutto l’equipaggio l’uso delle dotazioni di sicurezza personali e della zattera di salvataggio, l’uso del VHF in caso di necessità. Comunica infine la propria partenza dopo avere verificato la presenza di tutti i documenti della barca e dell’equipaggio.

Durante la navigazione deve obbligatoriamente prestare soccorso ad eventuali barche in difficoltà o rendersi utile in qualsiasi modo nelle operazioni di comunicazione o salvataggio; il tutto senza mettere in pericolo il proprio equipaggio e la propria imbarcazione, come dettato dal codice marittimo e dal comune senso civico. Il comandante deve saper mantenere l'armonia e la tranquillità a bordo tra i passeggeri oltre che proteggere la loro incolumità. Il comandante deve mantenere la calma e decidere nei tempi utili le manovre da effettuare al fine di evitare un pericolo o avverse condizioni meteo.

Nei porti o nei marina è quasi sempre necessario pagare l'ormeggio, presentando il documento della barca, quello del comandante e talvolta anche di tutti i passeggeri, indicando sempre la provenienza e la destinazione successiva.

 

7.1.2.      I poteri

NAUTICO: è il più importante: bisogna seguire la navigazione, prendere le decisioni, riportare posizione sulle carte.

DISCIPLINARE: in caso di diverbi o gravi tensioni che si venissero a verificare a bordo all’interno dell'equipaggio, il comandante ha la facoltà di sbarcare le persone che con il loro comportamento lo rendano necessario. Dovrà garantire a costoro il rientro a casa. Una decisione di questo tipo deve essere opportunamente discussa e decisa con l’intero equipaggio se possibile. Comunque dovrà presentare alle autorità marittime una dichiarazione di evento straordinario conto persone. Una dichiarazione simile deve essere presentata in occasione di ritrovamenti di altre imbarcazioni abbandonate in mare ed altri eventi eccezionali o meno, come ad esempio incongruenze pericolose fra le carte nautiche rispetto ad una data zona di mare.

CIVILE: tutti i poteri che normalmente a terra sono di competenza delle varie autorità. Il comandante, teoricamente fuori dalle acque territoriali, può dirigere un processo e celebrare matrimoni. Questa è una vecchia norma ereditata da esigenze del primo novecento.

 

7.2.   Le autorità marittime,

hanno un ordinamento piramidale, risultano sotto il diretto controllo della Marina Militare, e svolgono svariatissime funzioni, come Demanio, sicurezza navigazione, leva, Registro imbarcazioni, etc., spesso tendiamo a confondere i vari addetti ed uffici chiamando tutto indistintamente Capitaneria. A Roma si trova il COMANDO GENERALE CAPITANERIE DI PORTO (COMGENCAPOR). Ogni regione ha poi un Ufficio direzionale marittimo (DIREZIOMARE), poi troviamo gli Uffici Compartimentali Marittimi (COMPAMARE), abbiamo poi gli Uffici Circondariali Marittimi (CIRCOMARE), gli uffici Locali marittimi (LOCAMARE) e infine, in quasi ogni porto, le Delegazioni marittime (DELEMARE). Ci sono svariate leggi che regolamentano la navigazione in aree particolari, per adattare le leggi nazionali alle situazioni locali. Sono le "ordinanze marittime", emanate dai vari enti come i COMPAMARE che si avvalgono dei CIRCOMARE, dei LOCAMARE e delle Delegazioni, inviano la loro richiesta alla Regione per conoscenza che la invia al COMGENCAPOR a Roma per l'approvazione.


8.      LE MANOVRE, esecuzione pratica

 

8.1.   L’equipaggio ed i ruoli

Premesso che la decisione sul da farsi debba sempre essere presa dal comandante dell’imbarcazione e premesso anche che egli sia capace di portare da solo l’intera imbarcazione, su uno yacht è opportuno capire quanto necessaria sia la collaborazione di tutto l’equipaggio durante la navigazione a vela e durante tutte le manovre comprese quelle nei porti in particolare. Nel caso di membri di equipaggio esperti è opportuno chiarire i ruoli durante la navigazione. Occorrono durante le manovre a vela due persone al genoa od allo spi che si preoccupano della regolazione della vela detti tailers. Un randista che controlla la vela e si preoccupa sia dell’assetto sia in navigazione che durante le manovre. Nella navigazione con l’utilizzo dello spinnaker può essere utilissimo il prodiere che issa ed ammaina la vela, manovra il tangone ed incoccia le relative scotte e drizze, aiutato da un drizzista che lo segue progressivamente nel lavoro svolto. Durante la normale crociera alcuni di questi ruoli possono non essere utilizzati perlomeno durante la navigazione a vele bianche. L’uso dello spinnaker è limitato a lunghi bordi con vento a favore e di modesta intensità, non essendoci quindi esigenza di virare di bordo il compito del prodiere e del drizzista può essere svolto tranquillamente dai due tailer. La randa dovrà essere costantemente tenuta sotto controllo solo in caso di vento di notevole intensità.

Duranti i bordeggi a vela in zone ristrette ed obbligate, rendendosi necessario virare di bordo, il comandante, avvalendosi di equipaggio esperto, impartirà l’ordine di manovra da eseguire nel momento che riterrà opportuno. Tale ordine, al fine di evitare incidenti, non dovrà essere discusso nel momento in cui viene richiesto ma solamente eseguito. Chi timona si avvale dell’equipaggio come estensioni di una macchina sinergica dove tutte le operazioni necessarie alla manovra vengono eseguite nei giusti tempi.

Durante le manovre di ormeggio, specialmente con vento forte, due persone si occuperanno delle cime di poppa ed un'altra della cima di prua o dell’ancora. Affinché la manovra sia tempestiva ed efficace lo skipper chiarirà prima a tutti i membri di equipaggio la manovra che andrà a compiere.

 

8.2.   La virata

“Pronti a virare” è il primo ordine che impartisce lo skipper. L’equipaggio si prepara: i due tailer preparano le scotte del genoa, il primo da volta sul winch alla scotta che diverrà attiva sulla nuova mure e posiziona la maniglia sullo stesso, l’altro metterà in chiaro la parte di scotta non utilizzata e si preparerà a mollarla dal winch ed a filarla velocemente. Nel frattempo il randista, non avendo necessità di modificare la tensione della scotta potrebbe, nel caso in cui avesse modificato invece la posizione del trasto di randa, essere pronto ad invertire questa posizione. “Viro”, e la barca inizia a portare la prua nell’angolo morto del vento. Grazie alla velocità acquisita sul bordo muove la prua verso la mure opposta. Nel momento in cui il genoa stà per riempirsi di vento sul lato opposto il tailer di sopravento esegue il mollafiocco e subito aiuta il compagno a recuperare la scotta di controllo della vela. Il tailer laminerà solo parzialmente la vela e solo dopo che la barca avrà ripreso velocità la renderà profilata. In caso di poco vento si consiglia di mantenere per alcuni attimi il fiocco a collo (appoggiato alle sartie) per imprimere alla rotazione della prua più spinta. Nel frattempo il randista ha già provveduto alla regolazione del suo carrello.

 

8.3.   L’abbattuta, o strambata

Durante il cambio di mura con il vento che passa da poppa il randista detiene una grossa responsabilità. Deve portare la randa al centro prima che il vento gonfiando la vela sulla mure opposta la faccia sbattere violentemente sulle sartie, procurando quindi un danno all’armo fino al disalberamento completo. I tailer invece conteranno sul fatto che il genoa, prendendo vento da poppa, passerà più agevolmente sulla nuova mure.

 

8.4.   Il cambio di mure con lo spi (equipaggio ridotto)

Certamente diviene indispensabile il prodiere in questa manovra. La concentrazione primaria riguarda lo spinnaker e quindi il passaggio del tangone sulla nuova mure. Il randista può occupare il ruolo di drizzista in quanto la randa sarà l’ultima vela su cui effettuare il cambio di mure durante una crociera. Il timoniere porterà la barca vicina al fil di ruota (poppa).  I due tailer quadreranno lo spinnaker aiutati dal drizzista-randista che li seguirà agendo sul carica-basso. Con lo spi quadrato, il drizzista lascherà l’amantiglio del tangone ed il prodiere staccherà dal braccio la varea, farà passare il tangone sulla mure opposta ed incoccerà la varea sul nuovo braccio. Il drizzista-randista cazzerà l’amantiglio fino alla sua originaria posizione e passerà a strambare la sua randa portandola sulla nuova mure. Nel frattempo il prodiere, magari dopo avere agevolato il passaggio del boma della randa, è schizzato in pozzetto e si dispone alle drizze seguendo i movimenti dello spi con il caricabasso assieme ai due tailer che manovrano scotta e braccio. Il timoniere è ora libero di uscire dalla andatura di poppa e di orzare con un equipaggio pronto a seguirlo con le regolazioni delle vele.

 

 


9.      La navigazione

 

 

9.1.   Premessa

Ciò che viene esposto in queste pagine relativamente la determinazione del punto nave e degli strumenti utilizzati per la determinazione della posizione della barca trasportata sulla carta nautica vuole essere solamente una definizione sostanziale delle tecniche utilizzate per la navigazione e non vuole in alcun modo eludere lo studio del carteggio impartito sui giusti testi per il conseguimento della patente nautica.

 

9.2.   Le coordinate geografiche

Al fine di localizzare un punto, vista la vastità del pianeta terra, vengono utilizzate le coordinate geografiche, basate su una speciale quadrettatura della superficie del globo. Si è suddiviso il sistema in meridiani e paralleli. I meridiani collegano un polo all’altro, mentre i paralleli sono linee parallele all’equatore. Un punto qualsiasi individuato sulla superficie terrestre sarà identificato in quanto riferito all’incrocio tre un meridiano ed un parallelo: la posizione sul meridiano darà la latitudine mentre il parallelo fisserà la longitudine. Sia la latitudine che la longitudine sono misure angolari e si esprimono in gradi, minuti e secondi. Un grado è formato da 60 primi, ed un primo da 60 secondi. Un angolo giro è invece formato da 360 gradi.

Si ok! – domanderete voi, - ma come si determina questa localizzazione ? –

Tempo al tempo, sappiate che l’equatore rappresenta il parallelo zero, ovvero taglia immaginariamente la terra in due emisferi Nord e Sud, ovvero il Boreale e l’Australe, con l’asse centrale passante per il centro dei poli Nord e Sud. Immaginandoci al centro della terra e dovendo misurare i gradi di latitudine, avremo a disposizione 90 gradi dall’equatore al centro del polo Nord e 90 gradi sempre dall’equatore al centro del polo Sud. Nel caso il nostro punto si trovi a Nord dell’equatore avremo per esempio una misura angolare verso Nord ovvero una latitudine Nord. I meridiani, non potendo avere una distinzione così netta, partono con lo zero da Greenwich e si misurano fino a 180 gradi verso l’antimeridiano ad Est o ad Ovest di Greenwich. In Italia avremo perciò latitudine Nord e longitudine Est.

 

9.3.   Le carte nautiche

Per le nostre navigazioni utilizziamo le carte nautiche in proiezione del Mercatore. Che vor dì? Chi è sto Mercatore ? Boni ora viene il meglio…

Il mercatore fu il cartografo ideatore della cosiddetta proiezione cilindrica. Si immaginò al centro della terra, appoggiò un cilindro tangente l’equatore e disse: “ ora ogni raggio proiettato su ogni punto della sfera terrestre andrà ad impressionare il cilindro che ruoterà assieme ad essa “, e puff nacquero le attuali carte. Prendiamo adesso il compasso e misuriamo sulla carta un segmento di latitudine in basso a sinistra. Poi, con il compasso sempre alla stessa misura andiamo ad appoggiarlo in alto. “ Deh! Ho sbagliato misura “. Rimisuratelo pure ma sappiate che non è un vostro errore ma è l’impostazione della carta che avete davanti. “ Oh questa…? “. Il Mercatore lo sapeva ed anche voi potete immaginarlo che la proiezione di una sfera ad un cilindro tangente, all’aumentare del grado di latitudine rispetto al piano, definito dall’equatore, produce graficamente segmenti di distanze sempre più grandi. Ma noi siamo scaltri e quando misureremo un punto sulla carta andremo a misurare la latitudine seguendo la linea di parallelo di allineamento. Il problema infatti non si presenta sulla scala delle longitudini.

La nostra carta è quindi inquadrettata su due lati da longitudini e su altri due dalle latitudini. Essa ha una scala, può rappresentare cioè gli oggetti con maggiore o minore dettaglio, in base a detta scala misureremo distanze diverse con il nostro compasso. Le linee tratteggiate laterali, relative alle coordinate, definiscono nella loro unità base il miglio marino, ovvero 1852 metri. Esistono formidabili informazioni su una carta nautica. Leggeremo le profondità e la forma del fondale marino con le linee batimetriche, tramite la simbologia rileveremo il tipo di fondale, roccia, fango, sabbia e poi relitti, scogli affioranti e non, tubazioni stese sul fondo marino, i fari e la loro portata ed una informazione costante sulla nostra navigazione. Ricordate che per quanto concerne la profondità dei fondali, le quote riportate sulle batimetriche si riferiscono alla bassa marea.

 

9.4.   Il punto nave ed i rilevamenti

La nostra carta nautica individua le coste e su di esse i punti facilmente individuabili, utili per la nostra localizzazione. Il campanile della chiesa di Portovenere, il faro di Palmaiola o la cuspide dell’isola di Montecristo vengono da noi utilizzati per stabilire il punto nave, la nostra posizione nel mare. Non abbiamo strumenti per stabilire una distanza ma abbiamo la bussola per misurare un angolo. “Oh bravo, e allora?”. Allora misurando l’angolo compreso due punti cospicui conosceremo la distanza relativa da questi e la nostra posizione, trascrivendo gli allineamenti sulla carta nautica. Nella navigazione costiera abbiamo vari sistemi di allineamento ad esempio la regola del 45 e del traverso, i trasportati ed altri che essendo comunque materia di studio per la patente nautica preferisco non riportarli in questa dispensa.

 

9.5.   Strumenti di rilevamento (cenni)

 

9.5.1.      La bussola

Lo strumento base per ogni tipo di navigazione. Alla base del funzionamento il magnetismo terrestre. L’ago magnetico segnala sempre il “nord magnetico”. Lo strumento misura in gradi l’angolo compreso tra il nord magnetico e la nostra direzione e la lettura avviene in gradi, minuti e secondi. Nel corso della lettura ci soffermeremo su alcune caratteristiche importanti della bussola e sul suo corretto uso.

 

9.5.2.      Il sestante

In via del tutto informativa informo che il sestante è essenzialmente uno strumento di misura angolare. Sfruttando l’angolo misurato di un astro e conoscendo la posizione dello stesso a quella data ora di rilevamento, previa consultazione della tabella delle effemeridi, con opportuni calcoli si riesce a individuare l’esatta posizione della nostra imbarcazione. E’ un antico sistema ancora in uso che conviene conoscere in caso di avaria della strumentazione elettronica ormai a corredo di ogni barca.

 

9.5.3.      La strumentazione elettronica di navigazione

 

9.5.3.1.            Il radar

Il Radar è essenzialmente uno strumento di rilevamento. Funziona con un'emissione di onde elettromagnetiche; calcolandone il tempo di ritorno al trasmettitore rende la probabile forma, distanza e angolo dell’obbiettivo. Funziona con il principio del moto relativo. Ha nello schermo tondo dei cerchi concentrici, che indicano la distanza rispetto all'osservatore situato al centro. I radar per diporto hanno generalmente una portata di 16 Mn, si può anche tarare per distanze diverse, a seconda delle esigenze. Una volta individuato l’obbiettivo risulta possibile trascrivere sulla carta nautica la posizione rispetto alla nostra prora. Il radar segnala sempre bersagli visibili: se c'è una spiaggia con dietro un monte, il radar segnalerà ovviamente il monte più in là.

Lo strumento ha essenzialmente due funzioni: quella anticollisione (per i mezzi in movimento), che è quella famosa per eccellenza (viene rilasciato il certificato ARPA per ufficiali abilitati ad utilizzarlo sulle navi con questa funzione), e quella in condizioni meteo-marine di rilevamento e distanza punto. Le navi solitamente ne hanno due, uno per l'atterraggio in costa e l'altro, come accennato, anticollisione per i natanti. Esistono stazioni, come le Racon che ricevono il segnale e lo ritrasmettono, con un codice di identificazione. Una volta identificato il codice lo si può trovare sulla carta. Nelle navi moderne ormai il radar si interfaccia con i vari strumenti di bordo. Sfrutta il principio del moto relativo il sistema PPI di Radar Plotting.

 

9.5.3.2.            Il GPS ed i plotter cartografici

Acronimo di Global Positioning System. Ci fornisce la posizione istantanea in latitudine e longitudine appena è possibile l'allineamento di 4/5 satelliti, su un totale di 23+1 di riserva. Per ottenere il valore immediato della velocità calcola il tempo di spostamento sulla lettura successiva. Fornisce la velocità sia rispetto al fondo del mare che rispetto al punto che dobbiamo raggiungere. I gps plotter mantengono una memoria dei punti letti creando una scia sullo schermo. E’ così possibile fissare punti specifici come i way-points, determinare la distanza dall’obbiettivo ed il tempo occorrente per l’atterraggio, oppure fissare in memoria un marker ovvero un punto in mezzo al mare di particolare interesse presso il quale vogliamo tornare. I plotter cartografici hanno anche le cartine nautiche visualizzate a schermo, comprensive di batimetriche, maree e fasi lunari.

 

9.5.3.3.            Radio goniometro

E' uno dei molti strumenti, che con l’avvento del GPS sta andando in disuso. Una stazione trasmette in continuazione un segnale morse. Tramite gli auricolari, conoscendo frequenza e codice e secondo la quantità di segnale è possibile determinare la rotta della nave.

 

9.5.3.4.            Loran

E' un sistema di Navigazione iperbolica. Tramite il contatto durante la navigazione con alcune stazioni a terra trasmittenti iperboli in onde radio, riusciamo a trovare il triangolo di area che ci interessa. Ci sono due tipi di stazioni, stazioni master e stazioni slaves [schiave] che rimandano il segnale. Per ottenere il punto servono almeno due intersezioni. Ora però le stazioni sono in disuso, e le coperture limitate. Il Loran è un'evoluzione dei sistemi Lora e Deca, utilizzati militarmente.

 

9.6.   Fari e fanali

Tutto quanto riportato sulla carta nautica è inoltre segnalato in mare da fari e fanali ,inoltre tutte le imbarcazioni espongono segnali di notte ed anche di giorno al fine di essere individuate necessariamente per rotta, dimensione ed in alcuni casi per tipo di attività. Vediamo nel dettaglio:

 

9.6.1.      Le segnalazioni delle imbarcazioni

·         Nave che non governa

Una nave che non governa ha sempre la precedenza su tutti. Si dice che una nave non governi quando abbia il timone o il motore, o entrambi, in avaria. Si possono verificare due casi di nave in avaria, con e senza abbrivio. Una nave che non governa non è necessariamente in difficoltà, può esserlo anche per propria scelta quando esegue dei lavori di manutenzione. Quando un’imbarcazione è senza abbrivio è ferma, portata dalla sola corrente del mare, non deve tenere le luci di via accese. Una nave con abbrivio conserva ancora un movimento inerziale. Deve avere le luci di via più due fanali rossi a 360 gradi sovrapposti. Di giorno tre palloni neri sovrapposti.

·         Nave con difficoltà di manovra

Sono considerate navi con difficoltà di manovra draghe, rimorchi o posacavi. Devono avere le luci di via più un fanale rosso, uno bianco ed uno rosso sovrapposti, sempre per 360. Di giorno pallone-rombo-pallone neri e sovrapposti. Per esempio prendiamo una draga: di notte utilizza i fanali Rosso-Bianco-Rosso, nella zona ostruita quelli Rosso-Rosso e nella zona libera Verde-Verde. Di giorno usa pallone-rombo-pallone,  dal lato libero due rombi, dal lato ostruito due palloni.

·        Fanali di via

Dal crepuscolo fino al sorgere del sole è fatto obbligo di utilizzare le luci durante la navigazione. I fanali si distinguono in ordinari, di pericolo e speciali. Quando un’imbarcazione è in movimento vanno sempre utilizzati i fanali di via. Il verde a dritta e rosso a sinistra entrambi visibili in un settore di 112,5° di ampiezza. A poppa un fanale bianco (detto di coronamento) con un settore di visibilità di 135°.

 Una nave è considerata in navigazione quando non è vincolata da catene, ancore o ormeggiata. Una nave è in navigazione anche quando issa la catena.

Durante la navigazione a motore deve essere acceso l’apposito fanale bianco avente settore di visibilità di 225° (112,5° + 112,5°), posto più in alto delle luci di via e solitamente a metà dell’albero di una imbarcazione a vela. Le imbarcazioni di lunghezza superiore ai 50 metri oltre alle luci di via, hanno due luci motore dello stesso settore di visibilità di cui sopra, montate in alto a poppa ed a prua. La luce di poppa deve essere più alta dell'altra di 4,5 metri.

 

La pilotina è una nave particolare che trasporta i piloti nelle navi in entrata nel porto. In navigazione usa le luci di via, mai il fanale in testa d'albero. Quando c'è il pilota ha i fanali bianco e rosso sovrapposti.

·        Alla fonda, all’ancora

Le navi alla fonda e all'ancora inferiori ai 50 metri devono avere un fanale bianco a 360°, in un punto ben visibile, nelle imbarcazioni a vela viene posto solitamente in testa d’albero, in quelle a motore ubicato generalmente nella zona prodiera. Le navi di lunghezza superiore ai 50 metri sono dotate di due luci bianche dello stesso settore di visibilità di cui quella di prua più alta. Le Navi di lunghezza maggiore di centro metri devono avere il ponte o ponti illuminati. Di giorno tutte le imbarcazioni devono esporre un pallone nero nella zona prodiera se alla fonda.

 

In caso di scarsa visibilità le navi tra i 50 ed i 100 metri di lunghezza devono utilizzare una sirena ad intervalli regolari, quelle maggiori di cento metri la campana e il gong ogni 2 minuti.

·         Nave vincolata dal suo pescaggio

Una nave vincolata dal suo pescaggio, impedita a manovrare, ha in determinati casi la precedenza su alcune navi. Utilizza di notte le luci di via + tre luci rosse sovrapposte, di giorno un cilindro nero nella zona prodiera.

·         Nave incagliata

Una nave incagliata mostra di notte due fanali rossi sovrapposti più le luci di nave alla fonda secondo la sua lunghezza.

·         Pescherecci

Esistono due principali casi di pescherecci, a strascico e non a strascico. Il più pericoloso è ovviamente quello non a strascico, tenendo conto della lunghezza delle reti. Il peschereccio a strascico mostra le luci di via più verde su bianco sovrapposti, gli altri rosso su bianco. Se quello non a strascico ha le reti più lunghe di 150 metri mostra nella zona poppiera un fanale bianco a 360°. Di giorno in tutti i casi due coni con i vertici uniti, quelli con le reti >150 metri un cono nella zona poppiera. I pescherecci  di lunghezza inferiore ai 20 metri possono mostrare in alternativa una cesta. Si devono utilizzare i fanali nelle ore diurne in caso di nebbia o scarsa visibilità.

·         Fari

Il Faro, normalmente installato su apposite costruzioni, ha una portata oltre le 10mg. e viene utilizzato per “l'atterraggio in costa”. Grazie alle pubblicazioni ed alle carte nautiche conosciamo i periodi di illuminazione e di oscuramento, valevoli per il riconoscimento dello stesso, il settore di visibilità e la portata geografica determinate dall’altezza e della dispersione atmosferica. Tutti i fari dispongono dell’IRA, un impianto di emergenza, totalmente automatizzato utilizzato in caso di guasti all’impianto principale. Un faro è occultato per cause naturali o meteo, è oscurato per intervento umano. Esistono dei battelli fanali che possono essere installati periodicamente, in caso di regate o in particolari periodi dell’anno.

·         Le mede ed i dromi

Le mede sono boe galleggianti generalmente installate sulle secche ad indicare un pericolo relativo al fondale. Segnalano con appositi segnali, detti cardinali, il settore in cui è possibile passare: Due coni rivolti in alto significa passare a nord (pericolo ad est), due cono in basso a sud, due coni contrapposti ovest (formano la “W”), due coni uniti per i vertici ad est (formano la “E”). Di notte apposite segnalazioni luminose indicano il passaggio. I dromi vengono invece utilizzati per gli allineamenti da utilizzare per i passaggi stretti ed obbligati.

 

Da notare che generalmente quando la luce dei fanali assume colori differenti il bianco indica acque libere e sicure, il verde cautela e il rosso pericolo.

 

9.7.   La navigazione costiera

Navigare sottocosta significa avvalerci di punti cospicui idonei alla nostra localizzazione. Contando su strumenti come il solcometro che ci indica la nostra velocità, il nostro orologio per il calcolo dei tempi e la bussola possiamo tracciare rotte molto precise ed utili per la stima della nostra navigazione.

 

9.7.1.      La bussola

Risulta opportuno precisare il funzionamento della bussola per una corretta comprensione della tematica in questione. La bussola che troviamo nelle imbarcazioni è uno strumento magnetico. Al suo interno avremo dunque un elemento sensibile che si dirige verso il nord magnetico. L'ago va ad orientarsi non verso il polo nord reale, ma verso il polo magnetico, che si trova pressappoco nel nord del Canada, e corrisponde all'asse reale della terra, inclinato di circa 11° gradi rispetto a quello di rotazione. Non è ben chiaro ancora il vero motivo da cui dipenda questo magnetismo, si pensa relativo alla presenza di materiali, buoni conduttori di elettricità, in movimento dentro la Terra, come il ferro fuso presente nel nucleo esterno.  Le rilevazioni e le rotte che predisponiamo si riportano rispetto al meridiano della carta (m), che non tiene conto dell'inclinazione magnetica. Vi è anche il problema che questo scarto di inclinazione non è costante in tutto il globo, ma la curva del meridiano magnetico può anche essere sinusoidale. Avremo inoltre dalle variazioni anche nel tempo, durante gli anni, in quanto il campo magnetico terrestre, seppur di poco, continua a variare. Altro problema è il magnetismo indotto dagli strumenti elettrici e dagli acciai di bordo, che influenzano la l’ago magnetico della bussola. La Prora vera, o Pv, è la rotta che la barca segue per rispettare la rotta vera e contrastare l'elemento perturbatore. La Prora magnetica, o Pm, è quella con cui navighiamo nella realtà, utilizzando le indicazioni della bussola. Avremo quindi un angolo da considerare rispetto al nord magnetico. Viene a crearsi una variazione della lettura della bussola, una deviazione ed una declinazione magnetica, che noi possiamo conoscere. Mentre la deviazione è un fenomeno relativo alla bussola e viene corretto da apposite tabelle redatte da un tecnico che, eseguendo i giri bussola con la barca, corregge ai vari gradi le relative letture dello strumento, la declinazione magnetica viene calcolata sulla carta nautica. Viene valutata positiva se verso est, negativa se è verso ovest. I più grandi valori di declinazione magnetica si avranno ai poli e sulle dorsali. Possiamo trovare due tipi di dicitura sulle carte. In quelle nuove è generalmente utilizzata questa forma: d=1°00' E 1995 6' W, questo indica che ogni anno il nord magnetico si sposta di 6' verso Ovest a partire dall’anno 1995 in cui era di un grado Est. Ovviamente non bisogna utilizzare carte di 30 anni, generalmente viene considerata buona una carta sino ad un massimo di 5 anni di età. Possiamo aggiornare le nostre carte acquistando gli avvisi  ai naviganti, con tutte le nuove rilevazioni. 

 

9.7.2.      La rotta

Sappiamo che la “Prora vera” è l'angolo compreso tra il Nord vero e l'asse longitudinale della barca mentre la “Rotta vera” è l'angolo compreso tra il nord Vero e il punto di destinazione. Tracciando una rotta apro un angolo chiamato Angolo di rotta rispetto al mio meridiano vero o Nord Vero. L'angolo è anche chiamato rotta vera. La rotta dovrebbe essere quella reale se non sono presenti elementi di perturbazione, come le correnti. La direzione che prende in realtà la barca, se differente da quella prestabilita, si chiama Prora Vera.

 

9.7.3.      Navigando, stimando, carteggiando

Scusate il gerundio ridondante ma un titolo lo dovevo pur mettere! Quando navighiamo utilizziamo la bussola per determinare quanti gradi forma la prua della nostra imbarcazione rispetto al Nord. Dobbiamo decidere una rotta sulla carta, e poi fare il possibile per seguirla nella realtà. Le rotte sono dei vettori, con verso e direzione, quindi dobbiamo mettere le freccia. Dobbiamo essere ordinati se vogliamo far capire ad un altro compagno di navigazione il nostro lavoro sulla carta, in caso di necessità o in caso dell'alternarsi al comando della nave. Nella carta troviamo delle circonferenze, con indicati gli angoli. Sono i cerchi azimutali o rosa graduata. Se riportassimo questa rosa sul punto avremmo immediatamente i gradi che stiamo cercando di ottenere. Utilizziamo le squadrette per tracciare la rotta, è possibile anche utilizzare il sistema delle parallele, ma se la carta non è ben fissata ed in presenza di avverse condizioni marine, potremmo andare incontro ad errori rilevanti; le useremo volendo per i trasporti delle linee. Dalla nostra posizione individuiamo l’obbiettivo della nostra navigazione per rotta e distanza. Tracciamo la nostra rotta con il lapis, individuando gli ostacoli ed i bordeggi da effettuare tenendo conto della direzione del vento. Trascriviamo le miglia da percorrere e, stimando la nostra velocità in nodi, il tempo occorrente alla navigazione. Conoscendo l’ora di partenza, l’angolo di rotta e la nostra velocità possiamo stimare una posizione sulla carta, il solcometro (conta-miglia) ci viene in aiuto nella verifica della distanza percorsa. Nasce l’esigenza di verificare la nostra esatta posizione, il punto nave, per individuare correnti o errori di rotta. Sfruttando le tecniche imparate nei corsi di patente nautica utilizzeremo i nostri punti cospicui e la nostra bussola da rilevamento e correggeremo quindi la nostra rotta una volta individuato l’errore. Il gps ci rende un valido aiuto nella individuazione delle nostre coordinate. In caso di rilevamento di corrente occorre correggere la nostra rotta anche nei bordeggi successivi e quindi stimare nuovamente velocità e tempo occorrente. Vale la pena di soffermarci un attimo sulla variazione dell’angolo del vento sottocosta tenendone conto nella stesura del tracciato. Sfruttando i cosiddetti “buoni e scarsi” dei sottocosta ottimizzeremo i tracciati di bordeggio durante le navigazioni costiere.

 

9.8.   Le precedenze

Chi ha la precedenza negli incroci deve sempre mantenere inalterata la rotta e costante la velocità.

Rotte diverse - La barca a motore che incrocia da destra ha la precedenza su quella che sopraggiunge da sinistra. La barca senza precedenza accosterà alla propria dritta. Nel caso di due barche a vela, avrà precedenza la barca che naviga mure a dritta ovvero che prende il vento dalla sua destra.

Rotte opposte - In questo caso e' fatto obbligo per ognuna delle barche di passare alla proprio dritta. Se una delle due barche fosse impossibilitata a farlo può fermarsi o accostare alla propria sinistra, segnalando acusticamente la propria intenzione, generalmente due fischi.

Nave raggiungente – Fino a che rimaniamo nello specchio di poppa di una nave (135 gradi, fanale bianco) non abbiamo la precedenza su di essa. La nave raggiunta manterrà velocità e rotta per agevolare la manovra di superamento della nave raggiungente che potrà passare sulla dritta o sulla sinistra.

La barca a vela - (se e' la vela a fornire la propulsione) ha in tutti i casi ha la precedenza su quelle a motore salvo che con navi con difficoltà di manovra o vincolate dalla propria immersione. Una nave in vicinanza della costa ha sempre ha la precedenza perché viene considerata con difficoltà di manovra. Se oltre alla vela ha anche il motore viene considerata a motore.

Sopravento e sottovento – Ha precedenza la barca a vela sottovento rispetto a quella sopravento che la copre. L’imbarcazione sottovento ha anche più difficoltà di manovra.

 

9.9.   La navigazione con cattivo tempo

Dovremo considerare anche l’azione che il  mare eserciterà sulla nostra rotta.  Le onde grandi se tenute al giardinetto favoriranno la navigazione mentre se incrociate di bolina la ostacoleranno, provocando rallentamento il della barca e notevoli disagi all’equipaggio. Occorre verificare le condizioni meteo prima di ogni partenza al fine di ottimizzare la navigazione. Studiare la tendenza del tempo e valutare bene ogni possibile avversità. In caso di probabili nebbie è preferibile non avventurarsi in navigazioni di qualunque tipo se la nostra imbarcazione non ha installato un impianto radar. Questo strumento risulta utilissimo nella individuazioni delle perturbazioni e quindi dei groppi improvvisi, venutisi a creare durante la navigazione.

 

9.10.                   I turni

Nelle lunghe navigazioni, specialmente nei nostri mari e nel periodo estivo, diviene necessaria la definizione dei turni in pozzetto. Occorrono minimo 2 persone, che magari si alternano al timone. Apposite tabelle sono realizzate per poter modificare in caso di maltempo il numero di persone attive. La tabella dei turni va redatta prima di ogni navigazione importante.

n.b. tabelle di questo tipo sono utili anche a definire la turnazione di mansioni secondarie in barca, ad esempio la preparazione dei cibi, la pulizia della cucina, della dinette o del ponte.

 

9.11.                   La sicurezza

Regola base di ogni buon comandante il preoccuparsi di prevedere ciò che non è prevedibile usando il massimo della propria cautela e usando la massima maturità. L’esperienza insegna a prevenire gli incidenti banali fornendo tutto l’equipaggio di cintura di sicurezza e cinghia di collegamento alla life-line. Questo perché, anche in condizioni “non paurose”, un uomo a mare è sempre un pericolo per il medesimo, per l’intero equipaggio occupato nel salvataggio ed infine una grossa responsabilità per lo skipper che in ogni modo risulterà colpevole di aver procurato l’incidente. Il comandante deve obbligare l’equipaggio alla esecuzione dei propri ordini pena il rientro in porto per insubordinazione. Durante le manovre occorre spiegare con calma e chiarezza l’esecuzione ad ogni membro dell’equipaggio e verificare ogni situazione di probabile pericolo. Prima di ogni navigazione, in presenza di un nuovo equipaggio, occorre dimostrare il metodo per indossare i salvagenti e la loro localizzazione inoltre mettere a conoscenza tutte le persone sull’uso della zattera, delle dotazioni di sicurezza (fuochi, razzi e boette) e rendere edotti sull’uso del vhf durante le emergenze.

 

9.12.                   Recupero uomo a mare

In questa simulazione l'uomo cade sopravento a sinistra con andatura di bolina mure a sinistra. Si poggia e si fa il giro strambando. Se siamo a motore dobbiamo portare la poppa dalla parte opposta all'uomo a mare, per evitare inconvenienti con le eliche. L'uomo va sempre raccolto dalla parte sopravento. Bisogna sempre cercare di fermare la barca, è necessario quindi frenare. Di bolina sarà sufficiente lascare le vele. L'imbarcazione deve fermarsi arrivati dal mascone al centro-barca vicino all'uomo a mare, e non scadere troppo di poppa, per avere tempo di effettuare il recupero in condizioni di sicurezza e celermente. Le prime due azioni da compiere dopo la caduta dell’uomo a mare sono gridare "Uomo a mare!" da parte di chi ha assistito all’incidente, successivamente il comandante ordinerà a qualche membro dell’equipaggio di “Guardare l’uomo”, non perderlo assolutamente di vista ed inizierà ad impartire gli ordini per la manovra di recupero. Una volta a bordo occorre occuparsi del naufrago spogliandolo degli abiti fradici e coprendolo con coperte o obiti asciutti specialmente nel periodo invernale. La manovra deve essere conosciuta perfettamente nella pratica esecutiva affinché sia veloce il salvataggio. Nei periodi freddi, per ipotermia, si muore in poche decine di minuti, in estate e con poco mare  ci possiamo permettere di avvicinarci al malcapitato e dichiarargli apertamente il nostro dissenso con un bel “Bei meno ponci, bada come ti onci, oh brodo!”

 

9.13.                   Chiedere soccorso

E' importante per tutti coloro che si avventurassero in mare, oltre a conoscere come evitare i pericoli, una volta che si trovassero in difficoltà saper utilizzare le corrette procedure di richiesta di soccorso a terra o ad altre imbarcazioni. Esistono infiniti tipi di problemi che si possono creare su un'imbarcazione, da piccole a grandi avarie, difficoltà causate dal tempo cattivo, come vento di mare con risacca, oppure uno dei tanti problemi tecnici che possono affliggere l'apparato propulsivo dell'imbarcazione come vele e motori. motore, ecc... Fra le cause gravi per una richiesta di soccorso troviamo  una falla importante nello scafo, causata per esempio dall'urto con un frigo o un container in mare aperto. Una volta chiara l'entità del danno è importante capire se si tratti o meno di un pericolo immediato, anche per non deviare verso di mezzi che potrebbero soccorrere imbarcazioni realmente in difficoltà.

Si chiede sempre soccorso per via ufficiale, la richiesta più tipica è il movimento braccia in senso orizzontale, dall'alto al basso. Purtroppo questo tipo di segnalazione non sempre risulta visibile e proficuo, E' poi permesso utilizzare qualsiasi mezzo che attiri l'attenzione: fumogeni (che bisogna sempre avere a bordo), eliografo (un piccolo specchietto per deviare i raggi solari), una banale palloncino legato ad una corda può rilevarsi molto utile. Si possono in alternativa esporre in posizione ben visibile le bandiere delle lettere C ed N, che insieme significano "ho bisogno di soccorso". Sempre in alternativa due tele di qualsiasi genere, una di forma quadrata e l’altra di forma rotonda.

Qualsiasi metodo abbiamo utilizzato bisogna avere la certezza che il segnale venga avvistato. Una volta effettuata l'operazione, si può decidere di abbandonare la nave, operazione che come qualsiasi richiesta di soccorso può essere impartita solo dal comandante. Una volta calata la scialuppa è conveniente ricordarsi di portare viveri, acqua, documenti ed una radio.

 

9.14.                   Uso del vhf

Se utilizziamo il Radiotelefono, o altri sistemi di comunicazione vocale è adottato il "MayDay", come richiesta di aiuto immediato mentre il "Pam Pam Pam" è inteso come segnale di difficoltà. Tra i due esiste una notevole diversità. Il MayDay, in particolare, viene utilizzato nei casi di pericolo certo per l’intero equipaggio; ricordate che unità navali ed aeree della marina militare e della guardia costiera attivano una macchina costosissima per il vostro salvataggio e che un uso indiscriminato di questo servizio, oltre a eludere eventuali altri salvataggi ed a compromettere la vita di altre persone, potrebbe costarvi molto caro a livello civile e penale. L’eventuale soccorso riguarderà comunque l’equipaggio e non la barca.

Nel caso un membro dell’equipaggio si ammali e si sia provocato lesioni e comunque necessiti di assistenza medica, occorre contattare immediatamente il CIRM per ottenere la consulenza e l’assistenza medica ed eventualmente richiedere il prelievo della persona con i mezzi di soccorso veloci come l’elicottero. Il servizio verrà contattato attraverso le stazioni radio costiere.

 

9.15.                   Obbligatorietà del soccorso

Esiste anche il MayDay Relay utilizzato quando, interponendoci come ponte radio, rilanciamo il segnale di difficoltà proveniente da un altro natante al servizio radio più vicino a noi. Nel VHF è utilizzabile il canale 16, mentre dal cellulare il 1530. Per ovvi motivi principalmente morali ma anche di ordine civile, siamo obbligati a recepire ed a rendersi utili in ogni modo e con ogni mezzo a disposizione ad ogni richiesta di soccorso, fino all’intervento diretto. Il tutto ovviamente attuabile fino a non incorrere in condizioni di pericolo per il proprio equipaggio.

 

9.16.                   Cenni di diritto navale

Mentre per le persone corre l’obbligo di salvataggio da parte di altre unità in navigazione, per le navi esistono particolari diritti richiesti eventualmente dal soccorritore della imbarcazione in avaria. Occorre sempre accordarsi con il soccorritore prima del “lancio della cima” per non incorrere in spiacevoli inconvenienti economici previsti peraltro dal codice della navigazione. Una barca alla deriva può ostacolare la navigazione, il premio per il suo recupero avviene in denaro ma l’operazione necessita di adeguata segnalazione alle autorità marittime che devono, previa contatto con l’armatore, autorizzarla.

 

9.17.                   Gli incidenti in mare

 

9.17.1.  L’incaglio

Se l'incaglio avviene su fondo roccioso (nel caso fosse avvenuto su sabbia si sarebbe chiamato insabbiamento), bisogna controllare se si sono venute a creare falle, e conviene attendere sul posto se il corpo o i corpi che l'hanno causata provvedono a mantenerla chiusa. Per effettuare il disincaglio è necessario prima di tutto effettuare la manovra opposta, ad esempio nel caso ci fossimo incagliati a motore in avanti provare con la la retromarcia. Se siamo in una bella giornata, con mare calmo, è possibile scendere in acqua per verificare visivamente l'entità dei danni. Se la barca è sbandata è necessario spostare i pesi, prima quelli corporei (dell'equipaggio) e poi quelli morti. E' consigliato disporre tutte le cime dalla parte opposta all'incaglio, e tonneggiarsi con i pesi. Usando le opportune cautele usare la drizza per sbandare la barca, magari con l’aiuto del tender o da un'altra imbarcazione in aiuto.

 

In caso di falla importante bisogna stimare l'influsso d'acqua ed il tempo che ci vorrà ad arrivare, e quindi se è sufficiente per mettersi in salvo facendola sollevare da una delle gru portuali senza richiedere soccorso immediato. In ogni caso attivare tutti i mezzi di smaltimento delle acque in sentina, pompe elettriche ed a mano, sassole etc.. A seconda dei casi e del luogo potremmo richiedere il supporto di una barca con pompe, come quelle disinquinanti o dei vigili del fuoco. Molto importante anche controllare eventuali danni all'elica. Se lo scafo è in legno possiamo tentare di tappare la falla dall'interno con tavole e chiodi, stracci, tela, anche con una vela legata con funi, come il fiocco. Se il danno interessa l’opera viva e risulta di notevole entità la barca potrebbe affondare, conviene in ogni caso chiedere soccorso, mettere l'equipaggio in sicurezza e approntare la scialuppa per l'abbandono dell'imbarcazione.

 

9.17.2.  L’incendio

L'incendio è uno dei peggiori inconvenienti che possono capitare a bordo. Bisogna cercare di capirne l'origine, abbiamo solitamente molto poco tempo a disposizione. Se per caso fosse a carico dell'Impianto elettrico, bisogna utilizzare l'estintore specifico, in questo caso la polvere inerte. Dobbiamo naturalmente avere a bordo i vari tipi di estintori. In caso di incendio alle cuscinerie o alla struttura in legno è ottimale la schiuma o l'acqua. Assolutamente da evitare l'acqua in caso di incendio del carburante. E' bene disporre le fiamma sottovento, in modo che abbiano sfogo senza compromettere ulteriormente la struttura e chiudere il rubinetto dell'alimentazione. Si richiede ovviamente subito il soccorso, in quanto l'incendio potrebbe toccare l'apparecchiatura radio, rendendo poi impossibile l'operazione. Dobbiamo comunicare tutti i dati in nostro possesso, poi cercare di spegnere le fiamme da sopravento.

Se l'incendio si verificasse in porto, dobbiamo cercare di allontanare l’imbarcazione dalle altre e collocarla in una zona dove non possa causare ulteriore danno. Agli estremi può risultare necessario l’affondamento.

 

9.17.3.  Collisioni

Nel caso di collisioni occorre valutare l’entità del danno e la sicurezza dell’equipaggio prima di intraprendere discussioni finalizzate a diritti di navigazione, regole di precedenza e disbrighi assicurativi. In caso di affondamento di una unità i naufraghi saranno raccolti o opportunamente protetti dall’altra unità fino al sopraggiungere dei soccorsi.

 

9.18.                   L’evento straordinario

Ogni danno strutturale alla imbarcazione, procurato da terzi o da noi stessi, è fatto obbligo di denuncia di evento straordinario alle autorità marittime le quali si occuperanno del disbrigo della pratica fino all’ottenimento del successivo e finale collaudo, effettuato dopo la riparazione.

 

 

 

 

 


10.  Vivere in barca

 

10.1.                   Vivere assieme agli altri

La barca presenta volumetrie comunque obbligate. Il livello di convivenza risulta strettamente relativo all’educazione di ogni membro di equipaggio. Durante la lunga navigazione e specialmente in occasione di tempo avverso,  è molto probabile il verificarsi di situazioni di panico o alterazioni della personalità. Alcune persone vengono messe a dura prova, mettendo in chiaro lati caratteriali che nella normale routine giornaliera non emergono. Occorre la giusta tolleranza e pazienza di tutti. Ogni membro dell’equipaggio è da considerarsi utile per la vita degli altri. Uno skipper professionista svolge un compito molto importante, facendosi carico delle problematiche di ogni membro dell’equipaggio durante la navigazione, confortandolo trasferendo parte delle propria sicurezza. Regola molto importante è quella di appiattire ogni possibile mancanza di intesa tra i membri dell’equipaggio, ma non per questo mancare di determinazione in casi estremi e per necessità del collettivo.

 

10.2.                   Psicologia del marinaio

Mettere in discussione un ordine di manovra del comandante della imbarcazione nel momento in cui viene richiesto può significare un pericolo per la barca e per l’intero equipaggio. Ricevere ed eseguire un ordine non significa annullare la propria personalità ma collaborare sinergicamente assieme agli altri per l’esecuzione di un compito assegnato. Diversamente dalla gerarchia militare è molto facile ottenere il comando di una imbarcazione. Più difficile è divenire un ottimo comandante che riceve stima ed apprezzamento dal suo equipaggio e questo lo si impara facendo il marinaio. Esistono casi in cui il comando di una imbarcazione risulta affidato ad un vero incompetente e questo può diventare una situazione molto pericolosa risultando a volte necessario intervenire per evitare il peggio.

 

10.3.                   Norme comportamentali

·         La barca ha delle zone comuni che devono essere il più possibile sgombre di oggetti personali. Occorre evitare di abbandonare spazzolini da denti, asciugamani e mutandine o qualsiasi altro oggetto personale nei bagni o nel quadrato.

·         Tutti gli effetti personali nelle cabine devono sempre essere collocati all’interno degli opportuni scompartimenti, armadi o gavoni. L’ordine è necessario per il corretto e veloce ritrovamento di un oggetto nonché per evitare danni o rotture durante la navigazione o solamente per evitare l’effetto “bomba” una volta arrivati. Non per ultimo caso, alla decisione magari affrettata di partenza dovuta ad eventi particolari di sicurezza, ad evitare frasi del tipo “ aspetta devo prima fare una cosa giù in cabina “.

·         I bagni devono essere sempre lasciati puliti ed asciugati. La carta igienica, tovagliolini di carta, fazzolettini ed in particolare le salviette struccanti gettati nel water, lo intasano. Una volta utilizzati vanno depositati dentro gli appositi contenitori e non smaltiti in mare.

·         Dopo ogni navigazione è compito di tutto l’equipaggio il rassettare la coperta da cime, scotte e drizze e la pulizia generale dell’intero ponte. Riordinare le vele ed assicurare ogni particolare per eventuali ed improvvise avversità meteo. Prevenire è meglio di curare ed evita di darsi dell’imbecille.

·         Indossare sempre adeguate scarpe durante la navigazione evitando di salire con tacchi a spillo o suole a carrarmato; le prime per evidenti problematiche di equilibrio e sicurezza (anche in ormeggio la barca oscilla) ed entrambe ad evitare danni alla pavimentazione dello yacht, nel rispetto dell’armatore. Nel caso l’equipaggio abbia fatto il proprio dovere lavando il ponte, come alla regola superiore, le dolci signore in visita tacco munite ed in minigonna avranno il piacere di mostrare i loro piedini come giusta estensione delle loro graziose appendici inferiori e si sentiranno oltretutto lusingate dalla pulizia che penseranno fatta appositamente per loro.

·         Evitare di portare l’intero guardaroba ed in particolare borse rigide che ovviamente dovranno rimanere in banchina. Preoccuparsi invece di indossare abiti comodi e caldi. Alcune notti estive in mare può fare freddo.

·         Spegnere sempre le luci che non servono e tutte le strumentazioni elettriche non necessarie al fine di preservare il carico elettrico delle batterie il più possibile.

·         Fare docce veloci, chiudendo l’acqua quando ci si insapona, evitare gli sprechi. L’acqua è preziosa ed è ricaricata di volta in volta in banchina non viene dal mare! Usare prodotti di pulizia il più possibile biodegradabili e se possibile utilizzare i bagni dei porti e dei marina durante le soste a terra.

·         Attenzione alle creme solari ed agli oli per l’abbronzatura, potrebbero durante la navigazione farvi diventare ancora più neri per cadute sul ponte.

·         La crociera sviluppa appetiti sessuali notevoli: evitare l’emissioni di grida selvagge nelle cabine.

·         Le donne non sono le sole addette alla cucina. Per la giusta convivenza sono opportuni i turni di cuoco e di pulizia delle stoviglie. Nel caso i maschietti di bordo facciano pietà nella preparazione delle cibarie e le pietose femminucce prendano in mano la situazione accollandosi la realizzazione di manicaretti, il rimanente equipaggio dovrà rendersi utile per la pulizia delle stoviglie, del quadrato a compensare il lavoro svolto per loro conto dalle compagne di navigazione.

·         I bambini devono sempre essere assicurati con cinture di sicurezza durante la navigazione ed occorre un controllo vigile in ogni momento della crociera.

·         Non si fuma in barca e se proprio non si può fare a meno occorre farlo nella zona sottovento a tutto l’equipaggio. I mozziconi vanno spenti e non gettati nel mare se lanciati maleducatamente fuori dalla barca occorre almeno controllare eventuali tender al traino che potrebbero riceverli se non altro per le pacche che potrebbero arrivare dall’armatore.

·         Evitare schiamazzi oltre alla normale allegria una volta all’ormeggio. Pensate che nelle barche vicine possono riposare persone dopo una lunga navigazione. Se riceviamo un dissenso per il nostro involontario comportamento piuttosto rumoroso occorre chiedere scusa, cessare ogni discussione animata ed importante offrire l’indomani da bere al molestato. Se invece il vicino tende a rompere le palle più del necessario per motivi diversi o per sua maleducazione e mancanza di tolleranza minima, insomma in presenza del classico scassac….,   diventa necessario aumentare la dose e massacrarlo il più possibile con intelligenza fino ad ottenere la sua partenza (ci sono vari sistemi tipo staccargli continuamente la corrente dalla barca, gettare nel pozzetto rifiuti vari, etc. etc. che vi spiegerò di persona).

 

10.4.                   Il vestiario indispensabile e quello inutile

Mi pare strano dover parlare di questo argomento in quanto la mancanza di buon senso è veramente vasta. Chi va a sciare si preoccupa di utilizzare un abbigliamento adeguato, non ho mai visto sulla spiaggia in estate qualcuno con le scarpe ed i calzini e chiunque va in montagna in estate si preoccupa di vestire in abiti tirolesi e scarponcelli antivipera. In barca, non so perché, si presentano persone con ombrello, bombetta e scarpe di cuoio lucidissime. Ora sviluppiamo la nostra fantasia:

1)      La barca si muove

2)      La barca sbanda

3)      In mare di notte fa freddo

4)      In mare di giorno, nel periodo estivo, il sole picchia forte

5)      Di solito si naviga e quando siamo nei porti siamo piuttosto lessi

6)      Di solito ci si bagna e ci si sporca

7)      Ci muoviamo molto e sudiamo durante le manovre

Con stretto riferimento ai punti 1 e 2, sappiate che usando scarpe con i tacchi, specialmente a spillo, riusciremo prima o poi a procurarci una distorsione ad una caviglia come minimo. La distorsione alla clavicola potrebbe essere procurata direttamente dall’armatore incazzato per i danni provocati al teak o per le strisciate nere lasciate in coperta. Quindi per la nostra salute in primis e per una forma di rispetto nei confronti dell’armatore conviene, ansi è necessario, indossare apposite scarpe da barca. Per i meno convinti della vela, coloro che “Provo se mi piace”, possono bastare le superga a suola bianca.

Navigando dobbiamo pensare di essere molto vicini all’elemento acqua. Umidità, bagnato, evaporazione, guazza, pioggia e onde in faccia. Avete per caso qualche abitino impermeabile tipo ki-way ? Portatelo, vi sarà molto utile. Con questo avete la risposta alle situazioni di cui al punto 6. Il cappottino di cammello intralcia durante le manovre, meglio una giacca a vento, possibilmente impermeabile e poi abiti comodi e caldi: lana e anche licra. Cappelli ed occhiali sono fondamentali, se proprio non volete ascoltarmi portate un vassoio di patate già pelate, staranno benissimo con l’arrostino della vostra pelle.

I più iper-attivi la sera vorranno uscire, una volta in banchina. Bene, possono farlo, a condizione che questa attività notturna non riempia la barca di borse, valigie e beauty case vari in eccesso.

 

10.5.                   Gli oggetti necessari personali

Spazzolino da denti, rasoio, spazzola o pettine per i capelli, crema protettiva solare, asciugamano grande e piccolo. Possibilmente guanti da barca, occhiali e cappello.

Se lo skipper è serio volerà a mare qualsiasi pillola con effetti anti-mal di mare di ogni membro di equipaggio. Otterrà da questa azione una vomitata in più, ma avrà sicuramente in barca gente sveglia e non assopita da calmanti ed ansiolitici per effetti placebo da psico labili.

 

10.6.                   La cucina e la cambusa

Quanta acqua beviamo al giorno? Pensiamoci, aggiungiamo un 30% di riserva ed il gioco è fatto. Non dovete noleggiare un cargo della ferrarelle per un fine settimana in barca. Il vino e le provviste dovranno essere altresì considerate come per una dolcissima gita in barca e non per una imminente guerra nucleare. Durante la navigazione, almeno per i neofiti, è consigliabile mangiare pane, crakers e bere poco, alcool vietato e rimandato alle soste in porto. La pasta non va a male, come lo scatolame ed i sughi pronti.

 

10.7.                   La cassetta dei medicinali

A parte la normale dotazione presente in ogni barca per legge, sono strettamente utili tutti i medicinali in pomata occorrenti per distorsioni, stiramenti, ustioni e abrasioni. Non dovrebbero mancare nemmeno tachipirina, aspirina e antidolorifici in genere, nonché antinfiammatori. Cerotti, garze e punti adesivi per suturare provvisoriamente lacerazioni e ferite.

 

 

 

 

 

 


11.  Ormeggio

 

11.1.                   L’avvicinamento dell’obbiettivo e l’atterraggio

Lo skipper decide il tipo di atterraggio da effettuare sull’obbiettivo deciso o modificato in seguito a problematiche inerenti avvenute avversità meteo o per decisione presa durante la navigazione. L’atterraggio viene studiato sulla carta nautica e sui portolani della zona ad individuare pericoli segnalati, migliori posizioni rispetto al vento ed alle condizioni meteo o semplicemente la disposizione interna del porto. Se l’obbiettivo è l’ormeggio in un qualsiasi porticciolo, lo skipper si informerà sulla disponibilità del posto barca, contattando le autorità portuali o le aziende ormeggiatrici per mezzo del VHF o via telefono portatile.

 

11.2.                   Tecniche di ormeggio all’ancora

La valutazione delle batimetriche e del tipo di fondali disponibili nella zona d’obbiettivo sono determinanti al fine di preparare le manovre necessarie per realizzare un corretto ancoraggio. L’ancora può essere calata semplicemente, afforcata od appennellata a seconda delle diverse condizioni del fondale marino. Parliamo intanto del sistema semplice. L’ancora è formata dal fuso al quale sono attaccate le marre con i relativi denti finali. Alla base del fuso, vicino alle marre esiste una zona detta diamante con al centro un foro, molto importante e che vedremo in seguito. Dalla parte opposta del fuso il foro dove viene incocciato l’inizio della linea di ancoraggio, detto cicala. Esistono vari tipi di ancore con diverse caratteristiche di tenuta. Tra le più complete per sicurezza di tenuta in varie situazioni di fondale ho personalmente scelto, tra quelle provate, la delta e la bruce. Non sono certamente da sottovalutare la danforth e la cqr; la scelta di un ancora fa parte di quel bagaglio di informazioni che l’andar per mare insegna ad ognuno di noi e ci permette di compiere delle scelte. Tornando al nostro sistema di ancoraggio sappiamo che la catena è necessaria al fine di garantire una maggior tenuta all’ancora. Vediamo perché. Caliamo un ancora attaccata ad una cima tessile in un fondale di circa 5 mt. Di profondità. Filiamo 10 mt. di linea e fissiamola alla barca. Immergendoci con la maschera da sub assisteremo ad una trazione verso l’alto dell’ancora in quanto la cima tessile va in tensione data la sua leggerezza e la spinta prodotta dal vento e dal mare alla nostra imbarcazione la fa stendere; l’ancora così speda ovvero non aggancia il fondale. Conviene allora usare una linea di ancoraggio pesante, una catena di acciaio va benissimo, che riesce a fare lavorare nei primi metri la catena in basso, senza alzare il fuso. Normalmente si usano catene di 10 mm. (calibro della catena) per yachts fino a 11 metri, 12 mm. per yachts fino a 15 mt., e via così all’aumentare delle dimensioni dell’imbarcazione. La catenaria misura normalmente una cinquantina di metri per permettere ancoraggi si fondali di massimo 15 mt., in quanto il calumo, ovvero la parte di catenaria filata in acqua deve essere mediamente almeno tre volte il fondale. Se utilizzate una linea di ancoraggio mista acciaio-tessile il calumo deve essere 5 volte il fondale, 10 volte se solo tessile.

Arrivati quindi nella nostra baietta, dopo avere studiato il fondale sulle carte, ci troveremo a mettere a fuoco la realtà: la valutazione stimata delle distanze da terra e dagli scogli emergenti, la presenza di altre imbarcazioni all’ancora e la posizione relativa delle loro linee di ancoraggio nonché il campo di giro delle barche presenti sulle loro linee di ancoraggio. Dopo avere stimato tutte queste variabili ci dirigeremo sul punto scelto per il nostro ancoraggio possibilmente con la prua rivolta verso il vento e caleremo la nostra ancora con un calumo di almeno due volte il fondale, poi una volta che la linea di ancoraggio si stende, agiremo con una lenta marcia indietro e nel momento in cui l’ancora prende fileremo la restante catenaria. La catena non ha senso tenuta nel pozzetto, va calata tutta, salvo casi particolari. Una volta filata tutta la catena controlleremo con la retromarcia la tenuta effettiva e poi sicuri, spegneremo il motore. L’esperienza insegna che il fondale marino è variabile e possono verificarsi intagliamenti dell’ancora. Se le marre vengono trattenute da due scogli non abbiamo praticamente la possibilità di salpare l’ancora se non immergendoci per estrarla a mano.

Ecco che l’opera di prevenzione ci permette di evitare il problema, come ? Vi ricordate il foro presente vicino al diamante dell’ancora ? Bene, a quel foro noi collegheremo un grippiale. In pratica una cimetta di lunghezza pari al fondale collegata ad un palloncino galleggiante. Questo sistema permette, in caso di incagliamento, di estrarre l’ancora dalla parte opposta all’incastro tirando semplicemente il grippiale dopo averlo afferrato con il mezzo marinaio, magari dopo esserci avvicinati con cutela con l’imbarcazione stessa in quanto ancora con la catena in acqua. Molto spesso le rade sono affollate e può capitare che il grippiale venga sbranato da qualche imbarcazione a motore che ci passa sopra ed allora usate il mio sistema sempre: dopo avere incocciato la cimetta al diamante dell’ancora, calate entrambi ed una volta che l’ancora ha toccato il fondo fissate la cimetta alla catena. Eliminerete la spesa del grippiale e l’incavolatura.

Può capitare che durante le giornate estive vogliate mantenere la barca dritta al vento filando un’ancora di poppa o fissandovi con una cima agli scogli, magari per garantire maggior spazio a più barche nella stessa zona. Attenzione però al vento che può girare al traverso e provocare lo spedamento dell’ancora, in pratica questo non risulta un buon sistema per la notte e rischiate di andare a scogli.

Altro sistema per diminuire il giro di vento in caso di barche vicine è l’afforco delle due ancore. Unendo con un angolo di circa 90-120 gradi due linee di ancoraggio otterremo un giro di vento di forma ellittica. Non è comunque un buon sistema di tenuta in caso di vento forte. Se infatti il vento rinforza occorre evitare che l’ancora venga alzata dal calumo messo in tensione dal peso della nostra imbarcazione spinta dal vento. Appennelleremo due ancore. Incocceremo in pratica una seconda linea di ancoraggio sul diamante della principale a stabilizzare la principale, la più pesante.

Vale la pena di spendere due parole sui tipi di fondale. Il migliore per tenuta è senz’altro il fondale sabbioso. Mentre i fondali fangosi e rocciosi sono insidiosi e vale veramente la pena di avere sia un occhio di riguardo al controllo preliminare, se possibile, e comunque un controllo costante notturno. Se invece sono presenti alghe sappiate che tali piante non permettono all’ancora di mordere il fondale. Sembrerete fermi inizialmente ma sarà solamente il peso dell’ancora a garantire l’abbrivio. All’alzarsi del vento la vostra ancora spederà inesorabilmente, siete avvertiti.

 

11.3.                   Tecniche di ormeggio nei porti

 

11.3.1.  Entrata in porto e velocità

Quando si entra e si esce nei porti si mantiene sempre la mezzeria di dritta, come per uscire. La mezzeria e' quella linea immaginaria che divide a metà l’imboccatura del porto. Nel caso si stia entrando si starà più vicini al fanale verde, uscendo a quello rosso. Ha sempre ed in ogni caso la precedenza chi esce dal porto. Nel porto va mantenuta una velocità di sicurezza, da rispettare sempre e diversa da porto a porto. In caso di traffico intenso, condizioni meteorologiche avverse, mare formato, visibilità scarsa o nulla è necessario adeguare la velocità.

 

11.3.2.  Le precedenze

Come in strada, per evitare collisioni, anche in mare esistono norme comportamentali e leggi che disciplinano la navigazione. Chi deve manovrare farà bene ad essere tempestivo, far capire immediatamente l’intenzione e la direzione della manovra, mantenerla decisamente e mirare sempre con attenzione la poppa dell’altra imbarcazione. Nei porti la regola delle precedenza predilige chi esce in quanto naviga in acque ristrette. Chi attraversa l’imboccatura di un porto deve dare la precedenza a chi entra ed a chi esce

 

11.3.3.  La manovra

Una volta individuato il posto assegnatoci dobbiamo fare i conti con le bizzarrie del nostro motore, con gli spazi a disposizione e con il vento. Sappiamo che il nostro motore agendo su di un elica sarà sinistrorso o destrorso a seconda dei casi. Se non conosciamo la tendenza specialmente a retromarcia occorrerà prima verificare la cosa in uno specchio d’acqua più ampio per sicurezza. Consiglio personale: prima di improvvisare manovre di inversione all’interno di canali e passaggi stretti prendete abbrivio già dove lo spazio vi permette spazi di manovra ampi e possibilità di ripresa. Contemporaneamente a questa operazione e comunque prima dell’entrata nel porto occorre fissare i parabordi sulle fiancate. Regola principale controllare l’abbrivio della imbarcazione, evitate di smanettare con il motore avanti e indietro, arrivando con calma all’obbiettivo e facendo lavorare il cervello senza prendervela con nessuno per la vostra eventuale incapacità od inesperienza, cercando sempre di mantenere la calma, magari se possibile sorridere alla situazione con filosofia una volta messa in sicurezza la barca. Non badate agli innumerevoli consigli che vi verranno impartiti gratuitamente da coloro che dalla banchina ne sanno sicuramente meno di voi, non curatevi della loro esistenza. Prima di tutto individuate la direzione del vento rispetto al vostro ormeggio e dell’effetto relativo sulla vostra prua in caso di ormeggio a retromarcia. Con il vento che spinge nella direzione perpendicolare alla posizione di barca ferma in ormeggio avrete due condizioni: vento contrario alla vostra marcia oppure l’opposto sempre all’interno del canale che state percorrendo. Ovviamente se contrario la vostra prua tenderà a girare meno all’aumentare del vento, se a favore la vostra prua scadrà una volta al traverso e magari con la poppa già. Occorre quindi calcolare la giusta velocità di abbrivio e la precisione di ingresso. Non potete sbagliare, pena intraversamenti e richieste di aiuto dai gommoni del porto. Meno problematiche esistono se il vento soffia parallelo all’asse dell’ormeggio assegnato. Nel caso condizioni molto difficili per vento forte, poca luminosità, stanchezza dell’equipaggio ed anche solamente per avere più privacy una volta fermi ormeggiate di prua, sarete ampiamente ripagati da questo sistema a meno che non desideriate presentare ai passanti i fiorellini di campo freschi sul tavolo del pozzetto in un contesto di luci soffuse multicolori.

 

11.3.4.  Una volta all’ormeggio

Dobbiamo operare una distinzione tra le bitte e le galloccie. Le bitte normalmente poste sulle banchine possono essere a forma di fungo ed a forma di T, permettono l'ancoraggio dandovi volta con le nostre cimne di ormeggio, sulla coperta della nostra barca sono sempre presenti bitte a T. Le galloccie sono più in generale quelle dove diamo volta per fermare le varie manovre della barca. Alcune banchine sono sprovviste di bitte, al loro posto sono presenti degli anelli di acciaio ed a volte solamente una catena che corre lungo tutta la banchina. Parte dell’equipaggio da poppa provvederà ad alla sistemazione delle cime di ormeggio, magari passandole a doppino per una partenza più agevole. Altri prenderanno la trappa, un tessile affondante che collega alla catenaria posta nel mezzo al canale, e lo porteranno a prua per fissarlo sulle bitte. La manovra deve essere articolata in due fasi: prima si tensiona la prua poi agendo sul motore con la retromarcia si aiuta la manovra di fissaggio delle cime di collegamento alla banchina. Una volta fissati, in caso di vento forte, possiamo aggiungere i traversini per maggior sicurezza passando ulteriori cime fissate dalla banchina alle bitte sui lati opposti della barca, incrociandole.

 

11.3.5.  Se manca la catenaria

Alcuni porticcioli non dispongono del sistema di catenaria. Volendo comunque ormeggiare di poppa accorre calare l’ancora davanti al posto assegnato e poi con il motore indietro arretrare filando catena. Una volta fissati di poppa si agirà sul verricello(salpa-ancora) per ritensionare la nostra catena.

Altri porticcioli dispongono invece di gavitelli galleggianti sui quali fissare la nostra cima di ormeggio. La presa di gavitello si realizza con una cima a doppio con la quale acchiappare la boa. Su un lato di questa cima avremo preparato una gassa e prontamente la fisseremo su di una bitta. L’altra estremità sulla bitta opposta sarà filata e cazzata quanto basta secondo i comandi impartiti dalla poppa.

 

11.3.6.  L’ormeggio all’inglese

Altra tecnica di ormeggio da utilizzare in caso di mancanza di catenaria e di eccellente sicurezza è parallelamente alla banchina. Si arriva con il giusto abbrivio puntando la banchina perpendicolarmente, poi si accosta dolcemente e si fissa sommariamente la prua e la poppa con due cime preparate poste a distanza dalla barca lungo la banchina (barbette), come nella manovra di accosto al distributore. Con calma si fissano quindi i traversini che collegano la banchina perpendicolarmente alla barca. Poi gli spring trasversali ed incrociati.


12.  Varie normative

 

12.1.                   Legge sulla nautica

La navigazione da diporto è stata regolata una prima volta con la legge 11.2.1971 n.50, successivamente integrata da numerose norme integrative ed abrogative che non stiamo ad elencare. Ricordiamo tra le più importanti modifichequelle  introdotte con la finanziaria 2000 in tema di IVA e leasing sull’acquisto delle imbarcazioni. Nel decreto del 10.7.2002 (G.U. 193/2002) si identificano i requisiti occorrenti alla cartografia elettronica, mentre nel decreto del 12.8.2002 n.219 si stabiliscono i requisiti delle zattere di salvataggio per unità da diporto.

Altre norme e regolamenti importanti oltre al codice della navigazione sono la STCWS del 78 indica le dotazioni di bordo, la SOLAS 74 concerne la salvaguardia della vita umana in mare, e la MARPO 73/78 regolamenta gli idrocarburi e lo smaltimento di sostanza inquinanti.

 

12.2.                   Il R.I.Na

L’Ente che si occupa delle verifiche dello stato manutentivo delle nostre imbarcazioni, della loro immatricolazione ed omologazione è il R.I.Na. Il Registro Italiano Navale compie tre tipi di visite: controlli Iniziali, al momento della costruzione e del varo dell'imbarcazione, controlli Periodici, ogni cinque anni, e controlli Occasionali. Se ci troviamo in difficoltà e ci viene prestato aiuto dai mezzi ufficiali è molto probabile che la barca venga requisita fino a che non passi un nuovo controllo del Rina. Le Capitanerie svolgono visite di controllo, per lo più dirette a controllare lo stato delle dotazioni di bordo. Altri enti sono autorizzati al controllo oltre al Rina, che non ha più il monopolio, tra questi l'istituto Giordano.

·        Visita iniziale

Al momento della visita l'addetto controlla la struttura dello scafo; durante la costruzione ed a seconda dei materiali, ad esempio, che si proceda con saldature a norma. Verifica il motore ed il posizionamento, il vano e la sua aerazione, l'accessibilità (per poter subito intervenire sulle parti più usurabili in caso di guasti), dimensioni e peso, le staffe. Ovviamente anche l'impianto elettrico, le luci, sentina e batteria. Oltre a questo vengono verificati gli estintori (se la tipologia è adeguata al tipo di imbarcazione), il numero ed il loro posizionamento. Per la nautica viene ad esempio utilizzato il 13b.

·        Visita periodica

Rinnova i controlli, e rilascia una licenza di navigazione con la storia dell'imbarcazione, dove permane il nome del primo proprietario. Le Annotazioni sicurezza riguardano le dotazioni di bordo, adesso vengono controllate dalla capitaneria, dalla sezione responsabile del naviglio.

·        Visita occasionale

Normalmente eseguita a seguito di procedure di eventi straordinari o per modifiche strutturali o cambio del motore di bordo.


 

13.  Documenti in barca

 

Diciamo subito che per andare oltre le 6 miglia il natante deve essersi (iscritto) immatricolato al RID e quindi divenire imbarcazione da diporto. I Natanti hanno un Certificato di stazza, che garantisce il rispetto delle norme CE, fattibile anche dall'istituto Giordano e comunque, per quei natanti muniti di motore ausiliare occorre il certificato d’uso del motore, rilasciato dal costruttore, sul quale è strettamente consigliato dedicare una polizza assicurativa R.C., anche se non obbligatoria. Le imbarcazioni da diporto hanno invece la Licenza di navigazione, con allegato il certificato di sicurezza. Sono obbligate a detenere la polizza assicurativa R.C. ed il certificato d'uso del motore.  Inoltre occorre la licenza Rtf per le comunicazioni vhf ed infine la tabella delle deviazioni della bussola. Ogni persona a bordo deve essere munita di carta di identità o di passaporto ed inoltre il comandante deve essere in possesso della patente nautica e del certificato rtf.

Tutti questi documenti devono essere in corso di validità e non scaduti, chiaro no?


 

14.  Pubblicazioni

 

Ci sono due pubblicazione particolari: la 1050, concernente le zone interdette alla navigazione e la 1111, pubblicazione con l'elenco dei simboli e delle abbreviazioni della carta nautica.

Importante anche in MANUALE DI SICUREZZA e il CODICE DELLA NAVIGAZIONE, analogo a quello civile e penale.

A bordo è inoltre obbligatorio avere un portolano e la cartografia della zona interessata dalla navigazione in corso.

 

 

Nello studio della navigazione a vela ritengo opportuno segnalare alcuni testi specifici che per la loro completezza e chiarezza sono indispensabili nella libreria e nella mente di ogni velista.

 

Glénans,                                              Corso di navigazione a vela,     edito da Mursia

Il testo base che ogni velista dovrebbe possedere

 

Laura Strommer                                  Lezioni di vela, edito da Mursia

                                                           Semplice ed efficace testo per i principianti

 

            Gilles Barbanson * Jean Besson           Conoscere e manovrare bene la barca a vela   , Mursia

                                                                       Validissimo testo per esperti e neo patentati

 

            Bertrand Chéret                                  Le vele, Mursia

La completezza della teoria velica


15.  Codici internazionali delle bandiere

Le seguenti bandiere rappresentano i segnali internazionali utilizzati dalle imbarcazioni in mare. Esse possono essere adoperate per comunicare brevi messaggi, o più comunemente utilizzate individualmente, o in combinazione durante le fasi di una regata, assumendo un significato specifico.


:: Intelligenza


:: Bandiere alfabetiche

b

c

d

e

f

g

h

i

j

k

l

m

n

o

p

q

r

s

t

u

v

w

x

y

z

 

 

 

 


:: Pennelli Numerici

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

 

 


:: Pennelli Sostitutivi

Sostituto 1

Sostituto 2

Sostituto 3

 


16.  Forza del vento in scala Beaufort

 

Effetti del Vento


Forza del vento: 0 - Calma
A terra: il fumo sale verticalmente.
In mare: mare liscio come l'olio

 

Forza del vento: 1 - Bava di vento
A terra : il fumo si orienta.
In mare : piccole onde increspate.


Forza del vento: 2 - Brezza leggera
A terra: si sente il vento in faccia.
In mare: piccole onde pronunciate
(0.1-0.3 mt.) con creste vitree.


Forza del vento: 3 - Brezza tesa
A terra: si tende la banderuola, piccoli rami si muovono. In mare: le cresta delle onde (0.3-0.5 mt.) cominciano a rompersi con schiuma vitrea.

Forza del vento: 4 - Vento moderato A terra: si sollevano carta e polvere.
In mare: onde piccole (0.5-1 mt.) e lunghe cime bianche diffuse .


Forza del vento: 5 - Vento teso
A terra: oscillano i piccoli alberi.
In mare: onde allungate (1.2-2.5 mt), creste bianche ovunque.


Forza del vento: 6 - Vento fresco
A terra: difficile usare l'ombrello.
In mare: si formano grosse onde (2.5-4 mt.). Le creste si rompono con macchie di schiuma.

Forza del vento: 7 - Vento forte
A terra: difficoltà a camminare controvento.
In mare: onde torreggianti (4-6 mt.), la schiuma si dispone  a strisce.


Forza del vento: 8 - Burrasca
A terra: si rompono i rami degli alberi. In mare: creste delle onde (6-7 mt.)lunghe e con spruzzi, schiuma in strisce marcate.


Forza del vento: 9 - Burrasca forte
A terra: cadono tegole e comignoli.
In mare: onde alte 7-9 mt., comincia il rollio del mare e gli spruzzi.

Forza del vento: 10 - Tempesta
A terra: sradicamento di alberi, danni ai fabbricati.
In mare: onde alte 9-14 mt. Mare pieno di schiuma.


Forza del vento: 11Temp. violenta A terra: gravi danni ai fabbricati.
In mare: onde alte oltre 14 mt.


Forza del vento: 12 - Uragano
A terra: danni ingentissimi
In mare: mare completamente bianco. Visibilità nulla.


17.  Riconoscimento notturno e diurno delle imbarcazioni

 

Schema dei fanali di una nave a propulsione meccanica in navigazione

Navi a propulsione meccanica in navigazione


Nave a motore di lunghezza superiore a metri 50 vista dal lato dritto e di prora.


Nave a motore di lunghezza inferiore a metri

50 vista dal lato dritto e di prora.


Nave a motore di lunghezza a metri 12

(a sinistra), e metri 12 (a destra),viste di prora.


 
Nave a cuscino d'aria, di prora.

Nave incagilata

Nave con manovrabilita' limitata


Nave incagliata di lunghezza superiore a m 50,

vista di traverso.


Vista dal lato dritto e di prora.

Nave che non puo' manovrare

Nave intenta a dragare


Nave senza andatura che non puo' manovrare

vista di traverso e di prora.


Nave impegnata in operazione di dragaggio, con andatura, vista di prora e di poppa.

Navi a vela


Nave a vela, di lunghezza superiore a 12,20 m vista di prora e di poppa.


Nave a vela, di lunghezza inferiore a 12,20 m

vista di prora.

Nave che rimorchia o che spinge

Navi alla fonda


Nave rimorchiante con lunghezza complessiva del rimorchio inferiore a m 200 vista di lato e di prora.


Nave alla fonda con lunghezza inferiore a 50 m.


Nave rimorchiante con lunghezza complessiva del rimorchio superiore a m 200 vista di lato e di prora.


Nave alla fonda, con manovrabilita' limitata di

lunghezza superiore a 50.

Nave vincolata dall'immersione

Pesca a strascico

Segnali diurni.


Nave di pesca, intenta a pescare a strascico,

vista da destra.

Nave pilota

Pesca non a strascico


Nave pilota a motore, con andatura vista davanti.


Nave da pesca con attrezzo fuori bordo inferiore

a m 150.


Nave pilota a motore, di lato, senza andatura.


Nave da pesca con attrezzo fuori bordo superiore

a m 150.

Barca a remi

 


Una piccola barca a remi deve mostrare solo una lanterna o una torcia elettrica in tempo per evitare una collisione.


Nave da pesca di giorno di lunghezza

superiore a 20 m.


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